Cara Gaia: parte prima.

Roma.
Autobus, 218.
Venerdì pomeriggio: 29 giugno. Il mezzo pubblico passa lungo la via Ardeatina, a metà percorso si vede una via intitolata via Coniche. Cosa sono le coniche? Sono luoghi geometrici nel piano. Reminiscenze. Le quadriche sono luoghi geometrici nello spazio. Quanto abbia preso in Analisi Matematica o in Geometria, in illo tempore, poco importa… sono sul 218. Una gita fuori porta verso il santuario del Divino Amore.
Bisogno di staccare,di stare un po da solo, solo con me stesso, il più fidato compagno che abbia mai avuto, solo con me stesso a parlare con Dio, tante cose da dire, Lui come sempre mi ascolterà, con il suo tempo mi darà le risposte che sa che può darmi, non quelle che io voglio, quelle che Lui sa sono giuste per me.
Al ritorno dal giro, di nuovo sul bus, ritrovo uno spaccato di vita romana: Roma non è un luogo geometrico, un luogo di punti nel piano o nello spazio. È una città viva che ha una sua storia: la prende dal suo passato, la riconsegna al presente e la proietta verso il futuro, in costruzione, come la Metro C. Scavi portano alla luce i resti di un antico e glorioso passato.
Ma è soltanto un bus. Credo di essere uno dei pochi italiani presenti. Siamo un tre: io, l’autista, un tizio che parla con lui urlando. Salgono poi due signore anziane. Il tizio parla, grida, il conducente non sembra che gli dia mai risposta. Una delle signore oblitera il biglietto: la macchina però lo ingoia e non lo restituisce più.
Un’altra signora, credo una zingara, cambia il pannolino del suo bambino: pesca da una grande busta bianca di plastica, tutto il necessario per pulirlo e vestirlo.
Due signore, (filippine?), parlano tra loro, altri passeggeri, romeni, stanno in fondo. Un ragazzo biondo, alto, occhi azzurri, sta per i fatti suoi.
Il tizio che parla con l’autista ad un tratto mi rivolge la parola; mi fa: “Senti se vedi una signora che guida una Polo color carta da zucchero, è mia, me l’hanno rubata sotto casa, un mese due mesi, sei mesi fa, dovevo andare in vacanza, a Palermo in Sicilia…”. Ho capito, qualcuno direbbe che è semplicemente "squagliato" di cervello…

Letto cercasi

Ho sonno…
vado a dormire che è meglio…
 
Caro Simone, domani si va via!
domani si parte….
tanto prima o poi si torna e ci si rincontra…

Manca poco… e sarà Ammissione agli Ordini!

Poco meno di tre ore…
 
C’è caldo, molto caldo.
 
Prima di scendere farò un’altra doccia.
 
Porto con me nel cuore la trepidazione di un momento che è giunto finalmente!
 
Pregherò per me e per tutti i miei compagni!
 
 

Grazie anche a Francesca G.

Senza il suo permesso, spero sia clemente e voglia concedermelo, riporto un intervento di una mia amica…
Avrei voluto che fosse lei a scriverlo, ritengo allora doveroso riportarlo…
 
Grazie, grazie e ancora grazie!
 
L’affidarsi è dare maggiore responsabilità all’altro…
Mi affido perché mi fido. Credo che il fidarsi sia il primo grande passo nel e del credere in qualcuno. È credere nell’altro: credere che possa amarti come faresti con te stesso.
Ma questo non basta.
Una mamma, se si fida, può lasciare andare il proprio bambino con un’altra persona osservando comunque da lontano; quindi il fidarsi presuppone per me una sorta di "rientro" di "risposta".
L’affidarsi è la tappa successiva e ancora più forte ed importante: mi affido a Te perchè non ho timore di mostrarti le mie debolezze. Mi affido a te perchè non ho maschere o protezioni.
Mi affido completamente alla tua volontà.
Alcuni uomini si affidano a Dio persino nella morte: dovrebbe essere la cosa che fa più paura, invece no!
Ci si AFFIDA completamente.
Cos’è il non temere alcun male in una valle oscura? È affidarsi perchè mi fido.

Ringraziamento ad Adriano F.

Riporto una estemporanea meditazione "profondissima" del mio caro amico Adriano F.
 
Così, tra il salice e il sambuco, avvinghiati dall’arsura della canicola estiveggiante di Palermo, mi ha detto che nel nostro futuro dovrebbero esserci delle condizioni di realizzazione personale ben differenti dalle attuali prospettive di vita…
 
Un modo come un altro per dire che.. "I mariti dovrebbero essere più preti e i preti un po più mariti per capire quel fantastico mondo che è la donna…"
 
Meditiamo, meditiamo…

Un intervento…

Potrebbe essere la seconda parte dell’intervento che aveva per titolo Pensieri sparsi.
Potrebbe: ma non lo è. Anzi lo è ma non lo è.
Non lo è perché sto scrivendo ora quello che sto pensando ora.
Lo è perché anche ora i pensieri sono tanti. Le cose da fare pure. Anche le cose che vorrei fare…
 
Riposarmi. Provare il nuovissimo flash della macchina fotografica. Ascoltare della musica (come ad esempio i TRAVIS dei quali ho scoperto delle piacevoli canzoni, nuove e vecchie). Varie ed eventuali.
 
Nel frattempo, si sente dentro la tensione crescere, ormai il 24 giugno è prossimo, è alle porte: credetemi è un bel giorno per l’Ammissione agli ordini sacri del Diaconato e del Presbiterato… Chi legge magari si chiede cosa possa essere questo passaggio: è "semplicemente" il riconoscere la mia vocazione, quella dei miei compagni, vocazione verso Altro! Quindi, se dico che sento forte questo periodo, non mento, "mitigato" com’è dagli esami che ormai sono agli sgoccioli. La Chiesa che è in Palermo ci riconosce degni, riconosce il cammino fatto in questi anni e guarda speranzosa verso il nostro futuro.
Ed è qui che la gioia si moltiplica e il "dolore", il peso, si divide: non siamo più soli a "coltivare" quanto abbiamo dentro, è ora manifesto a tutta la comunità che non è più il seminario, le nostre parrocchie, le nostre famiglie… è una comunità che è Chiesa!
E credetemi… la tensione è forte!
 
Riposerò un poco, poi comincerò a studiare…
 
Grazie a Dio va tutto bene!
 
A presto!

Risposte…

Avrei voluto scriverti una mail, come da promessa, ma il mio indirizzo email ufficiale non funziona.
Quindi non ti scrivo?
No, lo faccio, ma nel modo più congeniale: dirti delle cose non dicendoti molto, anzi nulla.
 
Non posso dare io le risposte a tutte le tue domande…
Le domande, infatti, sono tue… le risposte… pure…

Pensieri sparsi in tempo d’esami…

Scrivere una mail senza apparente senso, almeno nel suo oggetto.
Solo un modo per "attirarti"…
 
"Non so cosa cambia, cosa resterà,
se si cresce con il tempo o con lo volontà…
o si rimane uguali
Ma se insieme a Te, io guardo su e ancora su,
fino all’estremità, poi volo anch’io…
Fenice dalla cenere, per ritornare a vincere, poi volo anch’io…"
 
Attirarti… non in una trappola ma in una mia riflessione…
Ascoltavo questa canzone, è del 1991, dei Matia Bazar…
E ho pensato che ti avevo pensato oggi, ma anche ieri.
E mentre ora pensavo al fatto che ti avevo pensato, pensavo anche a questo periodo, questi giorni: se non ricordo è uno dei tuoi "periodi" critici, il compleanno tuo, la morte di tuo fratello… e forse nella mia "assenza" di questi giorni dovresti cogliere ancora di più la presenza di Altro!
La tua Cresima spero stia iniziando a portare i frutti nella tua anima.
Preso per ora dagli impegni di studio, fatto già un esame (andato bene!), ne rimangono ora altri tre… poi arriverò così spero più rilassato alla mia Ammissione.
Credimi: è un passo importante! E qui ora comincio a sentire la "pesantezza" della responsabilità nonché la necessità di tagliare con il mondo e con molte delle sue seduzioni. Se da un lato mi sento parte di questa realtà terrena, molte volte per la sua ricca contraddittorietà, sfugge alle mie nuove logiche: vengono in aiuto le parole della lettera a Diogneto "i cristiani sono nel mondo, ma non sono del mondo… i cristiani sono come l’anima per il mondo…"
Parole queste, d’altra parte il Vangelo ha un effetto molto più dirompente, parole che si scontrano con il mio vissuto, abbattere per poi ricostruire, pars destruens e pars costruens (dico bene?)
Necessità di stare insieme all’altro, andargli incontro.
Avere solo cinque pani e due pesci: ma metterli a disposizione per dare noi stessi da mangiare, dare a mangiare noi stessi. Il sacrificio del maschio della mantide religiosa (la femmina mangia il maschio perché la riproduzione necessità di ingenti quantità di energia…) Dare noi stessi agli altri.
Sartre: l’altro è il mio inferno. Un missionario comboniano, tempo fa, ha concluso la messa dicendoci "Andate all’inferno, non in pace…"; capisco ora il significato dell’inferno in cui a volte mi sembra di vivere, inferno all’interno del quale è difficile stare… Andare non verso un "io" ma verso il "tu". Troppo facile allontanarsi, scappare, fuggire dalle proprie responsabilità. Andare incontro all’altro… all’Altro.
 
Insieme a te… è necessario che sia "Te"!
Anche la fenice: usata con un chiaro riferimento cristologico.
Tutto da un po’ di tempo a questa parte mi parla di Te. Sentirsi innamorati. Di Te. Attratti verso Te.
 

Pensieri sparsi questi miei… tra le righe solo la sicurezza di una verità… la Verità!

 
A presto!