E che mi racconti?

Se mi dai un paio di ore ti racconterò un bel po’ di cose…

Da dove cominciare? Come al solito, si pensa di fare le cose ben organizzati, si prendono appunti qui e la, poi al momento di trascrivere non si trova più il foglio… e allora cambiamo assetto, organizziamo diversamente i nostri pensieri…
 
Cominciamo da un pensiero, un "angelico" pensiero…
Ti ho avuto davanti per parecchi giorni, tanti. Ti ho guardato. Ho avuto modo di vederti da vicino, scrutarti nel profondo, ammirarti nelle tue forme tonde, tarlate, rovinate poco dal tempo… piccoli buchi qua e la, segni manifesti di altra vita che si ciba di te che non sei più in vita. Ma sei li davanti a me. Ti ho guardato, mirato, ammirato. Ma forse sempre con troppa poca attenzione. Cercavo un’ispirazione per completare un lavoro, una copertina, un’immagine che non sentivo venir fuori da quello che avevo dentro. Anche se avevo te. Ti avevo, ma tu non mi avevi. Avevo te senza essere entrato in te, senza esser andato oltre te. E tu eri li. Ad un tratto eri tu a fissarmi. Aspettavi che finalmente accogliessi te. Per quello che sei, per quello che rappresenti. Un angelo inginocchiato, in preghiera. Poi parlando con chi è un anziano nella fede mi è arrivata l’idea, ti sei mostrato per come non ti potevo vedere, forse non ti volevo… Ti ho guardato con occhio scevro da sovrastrutture. Non più una statua. Ma l’io del pellegrino errante che si ferma davanti a Te in ginocchio. E li ritrova la sua casa, la Tua. Ed alla fine la copertina fu…
 
Riflettevo nei primi giorni di quest’Avvento che tra poco volgerà al termine, sulla vicinanza di Dio, sulla lontananza dell’uomo. Il non accorgersi del Dio-con-noi. E ricordarci della sua presenza solo durante un giorno. E gli altri? Non importa, almeno un giorno lo abbiamo pensato… Illusi.
Se tornasse tra noi ora ci troverebbe impegnati nel prepararci alla sua venuta?
Troverebbe il popolo che brancola nel buio, la generazione perversa, che pensa a tutto tranne che a Lui. Siamo troppo indaffarati nel prepararci per l’uscita del sabato sera che non ci accorgiamo di un’attesa che dura già da duemila anni. Un tempo troppo lungo per l’uomo, che facilmente dimentica… e si è già dimenticato di Te. E non sente più il clima che ci conduce a Te. Luci, suoni. Tutto non ci parla più di te. Dove sei? Sembriamo cercarti, per mare e per terra. Lontano. Ma tu sei vicino… giochi a nascondino con noi. Giochi a nasconderti con chi non ti cerca, non ti vuole cercare, non vuole seguire la tua kenosi, il tuo svuotamento, annullamento, fino a giungere dalla Tua trascendenza alla nostra fisicità, corporeità, realtà. Giocare ad essere visibile con chi ormai ti immagina invisibile, vuoto, svuotato, assente, annullato.
Annullato… come il mio da fare di stasera. Troppi impegni, troppe cose da fare. Allora si deve rinunciare ad andare da una parte per restare invece a casa, fare il punto della situazione. Pensare alla pazzia dell’uomo, sempre ben poca rispetto alla follia che il Signore ha “mostrato” di avere incarnandosi. Ed ad ogni modo sono pur sempre due differenti tipi di pazzia. Magari in certi casi per noi, la pazzia è la nostra schizofrenia. Ricominciare come se fosse un cominciare la prima volta, come se non fosse successo mai nulla prima. Un eterno ripetersi in questo modo di agire, di vivere. Rendersi conto che la propria felicità va oltre il tornare ciclico delle onde. La nostra felicità esula dagli altri per fondarsi solo su Altro che è… la nostra felicità è Lui… e gli altri, testimoni, personaggi attivi, ci parlano di Lui, tutto ci parla di Lui, ci riconduce a Lui. Ma non siamo di certo panteisti.
Rimangono piccoli spazi da verificare… come la nostra preghiera solo per chiedere… ed una volta ottenuto? No mi era capitato mai di restare stupito, quasi senza parole, per aver ottenuto qualcosa… si prega, si ottiene. La salvezza delle nostre anime, la nostra santità. Si prega per cosa? Per ciò di cui si ha veramente bisogno? E di cosa si ha bisogno? Chi può dirlo? E chi può darcelo? E il nostro stupore? Dove lo mettiamo? Ne conserviamo ancora una dose massiccia da usare nel quotidiano? O lo perdiamo strada facendo? È forse bucato il sacco che lo contiene? I nostri occhi sono sempre più spenti, non stanchi ma spenti… non arrivano più a cogliere la bellezza che traspare da ogni parte, la stessa bellezza che messa a contrasto, un forte contrasto con la stupidità dell’uomo, dovrebbe risaltare subito… dovrebbe.
 
Arrivare a domandarsi tutto questo è lo sprone per ringraziare ancora una volta il Signore… ringraziare anche coloro che operano secondo i suoi piani, nella lora inconsapevolezza… per un sorriso dato, un saluto, un dono fatto, un libro dato in dono da leggere in tre ore… o per la mancanza o assenza, volontaria, voluta, inaspettata, insperata…
Ringraziare: per tutto quello che viviamo, che abbiamo, che siamo… Il nostro agire deriverà sempre dal nostro essere.
E se altri vedono il Bene in noi, non possiamo altro che stupirci per l’enorme quantità di Bene all’interno della quale siamo “allevati” alla vita in Cristo, con la Chiesa, con i fratelli e le sorelle…
Quegli uomini e quelle donne di buona volontà, pronti ancora una volta a cantare insieme, vivendolo: “Alleluia, alleluia! Nasce per noi l’Emmanuele!”.

Spiegazioni…

Non mi soffermo sul significato delle parole. Sono leggere. Volano. A volte sono facili, scontate, magari noi stessi le diciamo e non crediamo. le svuotiamo nel momento stesso in cui le pensiamo.

Conta di più quello che abbiamo scritto nel cuore. Nel nostro vero cuore. Dentro di noi.

Quello che poi diventa difficile mostrare senza prendere fregature.

Contano i gesti, le azioni (concrete), quelle che partono dal senso vero delle parole che pronunciamo, giorno dopo giorno ai nostri interlocutori. Meglio dire amici, meglio ancora compahni. Di vita, di viaggio.

Sono stanco di parole dette solo per dirle. Quelle che poi ricordiamo con rabbia, dolore, infine con assoluto distacco.

Non sono però così le parole dette nell’età dell’innocenza. Ma oggi siamo cresciuti, tutti, troppo velocemente.

Non mi stanco solo di una Parola, la Parola.

È sempre nuova. Aggiunge sempre del nuovo alla nostra vita. Del nuovo alla vita che poi è vecchia, perché gira e rigira facciamo sempre gli stessi errori… Ma li viviamo con una consapevolezza diversa, maggiore, matura. E superiamo gli errori. Se guardiamo il passato, nettamente lo distinguiamo dal nostro presente: percorsi differenti ci hanno portato ad essere quello che siamo oggi, ci preparano alle vie che faremo nel futuro, le vie che non conosciamo, le vie sicure se corrono lungo la Via.

Così nasce l’idea di questo blog, almeno il suo nome, dare la possibilità, darmene e darvene, di vedere il cambiamento, il mutamento… anche se poi l’indirizzo è sbagliato, anche se nel suo essere errato rispecchia la "mia", non solo mia ma nostra, personalità…

 

Inizialmente volevo prendere come indirizzo di riferimento del blog il nome di una funzione matematica a me cara, dopo i trascorsi ingegneristici e l’approdo alla facoltà teologica e al seminario… vi chiederete perché… ve lo spiego subito:

la funzione in oggetto è f(x)= x + sen(x).

 

 

Grafica1

 

È una gran bella funzione… perché?

Perché rappresenta una curva che si muove lungo la bisettrice del primo e del terzo quadrante, “ondeggia” lungo questa retta: è la funzione seno a darle questo andamento…

La retta y= x si muove verso l’infinito, costantemente, al variare di x, y cresce altrettanto, se x è grande, y è grande, se x è infinito, y è infinito. La retta va verso infinito, corre verso infinito, non troppo velocemente, non troppo lentamente. Va verso infinito. Cammina verso infinito. Infinito.

Sen (x) dà alla funzione un tocco di “onda” che si muove lungo la retta y= x.

 

Per me parla di Dio. Una funzione matematica che mi porta a Dio, che rappresenta il mio essere non statico ma dinamico verso il Sommo Creatore. Mi parla del cammino fatto durante gli anni. Il mio cammino verso l’Infinito, il mio tendere verso Lui, nel mio stato di essere umano, ricco di difetti, ma anche pregi (ma prima bisognerebbe trovarli), essere umani ricchi di umanità.

È la funzione che dovrebbe essere di ogni cristiano che cammina lungo la via del Signore, cammina, in una tensione continua, un atteggiamento dialettico fatto di alti e bassi. Essere criistiani sentendo il Signore vicino, nel suo essere Infinito è vicino!

Lo sente. Chiunque lo sente.

Ognuno cresce incontro al Signore. Se si è abbastanza maturi, se si ha abbastanza coscienza ci si può accorgere che oggi, rispetto a ieri siamo sempre un passo avanti….

Oggi. L’asse delle x, le ascisse, coincide con il tempo, l’asse delle y, le ordinate, sta indicare la nostra vita in Cristo, la nostra fede, il nostro essere cristiani, giorno dopo giorno. Il grafico che otteniamo si avviluppa attorno alla bisettrice: ci saranno giorni in cui stiamo (o forse ci sentiamo…) sopra quella semplice retta che per la sua strada va verso l’Infinito, altri in cui siamo sotto… gli alti e bassi della nostra esistenza. Ma se guardiamo attentamente, ogni giorno che passa è sempre un guadagno! Giorno dopo giorno siamo sempre con un’ordinata maggiore rispetto al giorno precedente…camminiamo, facciamo passi verso Lui ed alla fine non ce ne accorgiamo…

 

E alla fine?

 

 Grafica2

 

Ho messo un altro nome al blog… ho scelto un’altra funzione, forse per caso, forse per sbaglio… forse… altro andamento… “simile” al precedente, più accentuato… ogni tanto, (periodicamente) torna sull’asse delle ascisse, fino ad annullarsi (la nostra kenosi, il nostro svuotamento) poi ricresce, poi decresce, ma tiene sempre d’occhio la bisettrice… ma va troppo su e giù: altalenante, come in fondo sappiamo essere, tra il nostro essere normali, schizofrenici, frenetici, “assicutati” dal tempo, dagli impegni, dagli altri, dai noi stessi… andiamo verso l’infinito… ma come? O quale infinito?

Un nome dato al blog… quasi a voler rispecchiare un io ideale ed un io reale… indecisi, eterna scelta, quella tra il bene e il male: due sono le vie…

 

E non possiamo che scegliere la via del Bene!

Mancava solo una erre

Forse tante cose,
resta un dubbio come altri,
a volte le ho solo sfiorate…

Non gustandole e non facendole mie.

 
Capendo il mio errore,

evidentemente pesante,
sto cercando di recuperare.
Cosa? E come?

Ancora una volta… non so.
 
 
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Ogni tanto uno scritto non mio… ringrazio l’autore, a voi ignoto, di questo scritto… ringrazio… ed assicuro la mia presenza negli anni di "testimonianza" che verranno.
Il titolo è venuto da se… mancava infatti il rigo che iniziava con la erre… a buon intenditore poche parole!
 
Grazie

Tra le pagine dei ricordi

Parole che non sappiamo di avere. Parole che sanno di amore. Parole che parlano dell’Amore. Sono quelle “difficili”, quelle che nessuno ci ha forse mai detto di dover usare. Sono le parole che sgorgano dal nostro cuore, improvvise, un fiume in piena si riversa dalla nostra bocca fino a travolgere il nostro interlocutore, molto spesso lontano, molte volte pure assente. Perché non sa di quello che stiamo scrivendo, magari pur sapendolo ci ignora, non respinge nemmeno la nostra fatica immane di controllarci. Semplicemente ignora.
Ignoriamo allo stesso modo le persone che abbiamo accanto. Gli amici… ancor di più i familiari, i nostri genitori. Sarà il periodo critico che si avvicina, sarà chissà cosa, credo sia doveroso dire grazie “almeno” a loro, ai nostri genitori…
Periodo critico… perché durante il periodo di Natale del 1991 mio padre cominciò a stare sempre più male… mio padre (quando sei piccolo pensi i tuoi genitori come indistruttibili, quasi dei supereroi, pensi che loro saranno sempre con te)… per poi morire nel 1992, il 12 gennaio, a pochi giorni dal mio compleanno. Allora il clima del prepararsi per il Signore che viene, assume anche i contorni di una memoria personale della propria vita. Episodi. Parte della mia vita che si ripresenta puntualmente. Oso dire che sia la mia personalissima Pasqua. Oso, ma non troppo. Rivivo mentalmente tutto quel periodo, ritorno indietro a quei giorni passati, quelli che pensi di aver relegato nel passato, quelli che invece ritornano. Sempre. Anno dopo anno sono li. Aspettano te, aspettano me. Anche se in fondo non li avresti voluti mai, loro sono lì che ti aspettano, mi aspettano. Andiamo incontro. Affrontiamoli, ogni anno in modo sempre più maturo, perché in fondo gli anni passano, aumentano di numero sul calendario, aumentano anche su di noi, ci facciamo forti, siamo resi forti dalla vita che viviamo.
Non è ancora il tempo della memoria, so solo che il periodo si avvicina, mi preparo, non servono Novene, stellari o chissà cosa per prepararsi, basta accendere una corona, a metà tra una corona d’Avvento ed una corona di spine. Ma quei giorni, i miei giorni arriveranno. Arriveranno.
Intanto pensando al futuro mi fiondo a scrivere un piccolo grande grazie a mia madre… in questi anni mi ha cresciuto, mi ha visto crescere, mi ha dato il sostegno per andare avanti… ed anche guardando il suo viso stanco non posso che dire che le voglio bene… anche se a volte ho fatto i capricci… o forse li ha fatti anche lei… la ringrazio, perché mi riserva sempre la possibilità di stupirmi, è una bellissima cosa! Ringrazio mio padre, ringrazio lei, per avermi concepito, per aver accolto nella loro vita la mia vita, aver ricevuto un dono dall’Alto… ed ora sono in cammino per donarmi agli altri per Colui che è lassù in alto!
Stupirmi… come il suo messaggio, il suo sms nel quale mi diceva che si era dimenticata a ringraziarmi per tutto quello che faccio per lei… assurdo! Ed io invece… non la ringrazio mai abbastanza… magari lo facessi! Se faccio quello che mi chiede di fare lo prendo come un comando seccante, sbuffo, digrigno, ringhio ed eseguo l’ordine… e chissà quante richieste "assurde" ha dovuto sentire da parte mia in questi anni!
Ordine. Bisogna fare ordine. Passare dal caos al cosmos…
 
È anche un modo di prepararsi al cammino d’Avvento, cominciando a togliere un po’ di disordine dalle nostre stanze polverose e piene di cianfrusaglie. Pensiamo a prepararci per uscire il sabato sera, puliti, perfetti, impeccabili… per poi rimanere sempre uguali l’indomani, la Domenica, giorno di incontro festoso con Lui, in un giorno glorioso. E se dovesse domandarci? Cosa potremo rispondere? Ah si, scusaci, eravamo troppo intenti con i preparativi del sabato che abbiamo messo in secondo piano quelli della Domenica… Eravamo troppo intenti a “scimmiottare” la sua immagine… pensavamo di poter essere perfetti come Lui è Perfetto!
 
Una volta pulita la camera, passeremo il tempo a sistemare un paio di cose, un quadro, delle luci, un nuovo tavolo, la sedia… ed alla fine troveremo pure il tempo per mettere dei ninnoli graziosi, quasi fossero dei fregi di particolare bellezza artistica, come dei baci avuti dalla propria mamma, senza averli chiesti, prima di andare a letto…
Ma è solo un altro grazie da aggiungere alla lista…

Dopo i miei giorni…

Ci si affaccia da una finestra: ci si affaccia per osservare il paesaggio, bello quando fuori c’è il sole, ancor più bello quando piove. Richiudiamo la finestra e ringraziamo il Signore di non essere per la strada per prendere delle secchiate d’acqua che improvvise scendono dal cielo, quasi fossero solo per noi. Invece noi siamo a casa. Al caldo. Riparati all’interno di una casa, nella nostra stanza, acquisiamo un senso di sicurezza che ci permette di vivere al sicuro, riparati da tutte le intemperie che possono colpirci ora, da tutte le tempeste che potranno colpirci domani.

Ma forse oggi non basta solo una casa, non basta ripararsi così per sfuggire agli attacchi meteorologici, a maggior ragione se siamo noi i primi a scagliare, tuoni, fulmini e saette contro di noi.

Esiste un modo per ripararsi ancora più facilmente, con una sicurezza e solidità che non ha pari… tale modo è la preghiera…

Silenziosa. Adorante. Ci mette in contatto. Come in una coppia, capace di amore, capace di amare  all’interno ed all’esterno della propria intimità, che si apre al dialogo fecondo tra se ed il mondo esterno, così la preghiera mette in contatto noi con il nostro Amato, Colui che è da sempre, Colui che è sempre, Colui che sempre sarà.

Ci apriamo a Lui allora per essere certi di poter essere certi di conoscere Lui: il Signore che da sempre ci ama ha bisogno solo di una cosa da parte nostra, la nostra libertà di metterci alla sua sequela, al suo servizio, al suo ascolto, rimettere completamente la nostra volontà nella sua, mettere il nostro cuore dentro il suo, il cuore di Dio che ha bisogno del nostro si, che ha bisogno di un atto della nostra libertà, Lui che è capace di tutto, ha bisogno della nostra libera adesione al suo progetto.

Ha bisogno di noi per costruire quanto ha pensato per noi. Non fa e basta. Non può farlo: smetterebbe di amarci. Ma al contrario di noi, esseri umani prima, cristiani dopo, non smette di amarci, di volerci bene. Talmente ci ha amati che ha dato il suo Figlio unigenito per noi!

Avesse fatto solo questo…

 

Cosa vedi ora dalla finestra? La stessa finestra di oggi da un altro spettacolo, una città distesa, una trama di piccole luci, quasi fossero delle lucciole su di un grande prato. È una città che vive. Vive delle sue relazioni, delle sue emozioni, di quelle che compongono il grande mondo in cui viviamo. Trame fatte da persone che hanno un nome, un volto, una propria identità. Persone che vanno incontro ad altre persone, le aiutano nel loro modo di relazionarsi, gettano reti in cui quelle trame diventano via via più fitte, fino quasi a restare intrappolati. Ci si libera però da queste maglie, ci svincoliamo dagli orditi e troviamo la nostra libertà, quella presunta, poiché in realtà in quelle reti ci stiamo bene, ne abbiamo bisogno per restare connessi alle nostre amicizie, ai nostri affetti, al nostro singolare gioco delle parti. Lui ci guarda dall’alto, ci fa vivere, ride per noi, piange per noi, ride quando ridiamo, piange quando piangiamo, resta accanto a noi in tutti i momenti che compongono gli istanti della vita: la nostra, fatta di momenti e di istantanee, foto in rapida successione nelle quali cogliere ancora una volta la vita, la nostra.

Nello spiegarsi delle reti troviamo uomini e donne che vanno in giro da soli, solitari, abbandonati a se stessi da se stessi e anche dagli altri. Uomini e donne che vanno in cerca di sane alterità con cui confrontarsi. Con cui creare delle reti per restarne intrappolati. Restare “intrappolati” nelle reti dell’Amore. Già, come restare tra le sue mani, al calduccio, piccoli cuccioli di essere umano.

Alcuni vanno in giro non sapendo chi o cosa cercare. E poi trovano spinti dall’Amore… altri si illudono di averlo trovato… è qui, no, è la! Aspettami, ti raggiungo… sono frasi che si dicono tra di loro. In attesa. Rimangono alla fine in attesa.

 

Attendi. Come se fosse un treno che deve passare, una coincidenza (tragica del “destino” aggiungerei…). Un autobus che sai quando parte dal suo capolinea, ma a causa del traffico non sai mai dove si trovi. E intanto aspetti. Attendi.

 

È meglio mettersi in moto, in movimento, così, su due piedi cominci a camminare e vai incontro ad altri che sono fermi… e coinvolgi anche loro, fino a formare una fiumana immensa di gente! Dove andiamo, dove stiamo andando? Tutti si chiedono, se lo chiedono insistentemente! Dove andiamo, dove stiamo andando? Sappiamo solo che stiamo seguendo un tizio che segue un altro tizio e così via… fino ad arrivare a noi, che muoviamo i passi con tanti altri passi che seguono subito dietro.

Dove andiamo? Andiamo incontro a Lui! Ecco dove andiamo! Andiamo dietro chi ci ha chiamato ad andare dietro… perché il discepolo è sempre dietro il Maestro, e noi non vogliamo essere accusati di essere satana! Andiamo, seguiamolo… e restiamo unti, compatti, pregando.

 

Non lo abbiamo più fatto. Abbiamo vissuto esperienze forti di Chiesa, abbiamo lasciato che la nostra Diocesi si aprisse più volte all’incontro con gli altri apostoli, con le altre sedi apostoliche, le altre diocesi… abbiamo pregato, con la pioggia, con il sole, stanchi, affamati. E poi?

Lui prima ci ha chiesto di incontrarci nel suo nome e poi noi? Lo abbiamo fatto solo una volta… e non lo abbiamo fatto più. Certo, ci siamo visti altre volte, una pizza, un film, una birra… ma non ci siamo ritrovati più a ringraziarlo, ad adorarlo, a chiedere semplicemente “Ciao come stai… sei felice dei guai che combiniamo?”. Non lo abbiamo più fatto. È così poco alla volta abbiamo perso la splendida gioia che si era accumulata. Un patrimonio sperperato, male investito. Migliaia di milioni bruciati con le borse che scendono, salgono… noi bruciamo quanto di più prezioso abbiamo con molto meno, molto meno impegno sicuramente, non abbiamo bisogno di giocare con i giochi dei ricchi e dei potenti…

 

Pregare. Affidare, senza mai stancarsi la nostra vita a Lui che l’ha donata, quasi un volerla restituire ma non perché sia guasta, mal funzionante, ma solo per ringraziare, scoprire di essere troppo poco degni di viverla come vuole, sforzarsi per colmare le lacune, le mancanze, le deficienze.

 

Pregare per chi è entrato nelle nostre maglie, nelle nostre reti. Prima che fosse tardi, prima che potessero restare soffocati, hanno deciso di svincolarsi. Hanno fatto bene. Pregare per chi nel passato è stato poco felice della rete che ha avuto venendo al mondo. E si è ritrovato a dover crescere altri più piccoli, non vivendo per se stesso quella parte di vita che chiamiamo infanzia.

Ed ora è in cerca di Te, come se non ti avesse mai trovato, quasi a volerTi chiedere il perché, dopo tutto questo continui a torturare la sua esistenza.

 

In quella rete, nella tua, trovi di tutto, tanti pesci, tanti uomini pesce, tante donne pesce… sirene?

Uomini e donne che si ritrovano a vivere situazioni già vissute nel passato, non stanchi di averle già vissute, se le ripropongono con attori diversi. E le vivono intensamente, sempre, come se fosse la prima volta. Recitano una vita, una vita che recitano, non prendono mai decisioni, quelle che riuscirebbero a sbloccare un ciclo di vita sempre più ciclico. E si confrontano e confortano con le esperienze che vanno accumulando fino alla fine dei giorni. Giorno dopo giorno.

 

Allo stesso modo cresciamo, giorno dopo giorno, diventiamo sempre più disponibile ad accogliere la sua Parola nella nostra vita, trasformando il semplice udire la Parola in un profondo e radicale cambiamento delle nostre azioni, della nostra qualità di vita, tutta ora volta a Lui. Non ora, non subito, adesso, ma un graduale convergere alla sola fonte. La fonte dalla quale sgorga la Vita Eterna. È per caso la stessa acqua che abbiamo sentito cadere guardando fuori dalla finestra? No, non è la stessa… non da le stesse sensazioni di bagnato sulla pelle quando la pioggia cade su di noi. Quest’Acqua lava dentro. Sgorga fuori di noi, la beviamo, ci disseta, dentro. Un continuo movimento da fuori verso noi, in noi. Semplice. Un convergere di noi verso Lui solo allora sarà anch’Egli in noi. Lava dentro, fino ad arrivare al nostro peccato, quello che abbiamo taciuto, per vergogna, molte volte, per dimenticanza, poche. Come se Lui non vedesse quanto è in noi. La combinazione semplice, lineare, di bene e male che lasciamo abitare in noi. Una combinazione non lineare? Omogenea almeno. Un sistema di bene e male così fatto, un tale sistema di equazioni lineari omogenee perché ben integrate nel nostro quotidiano, avrebbe solo soluzione banale, tutti e solo zeri nelle incognite.

 

Banale. Come la soluzione che dobbiamo dare alla nostra vita, perché in realtà non la vediamo, sotto il nostro naso è difficile da scorgere. Difficile perché la scartiamo a priori: è troppo banale, facile, semplice. Come la preghiera semplice. Noi la pensiamo semplicemente banale. Non si deve far altro che aprire il cuore a Dio, senza formule, formulari, riti particolari, lunghe sequenze mnemoniche da ricordare alla perfezione. La preghiera semplice non è questo: è lasciarsi condurre nel nostro deserto, quello dove solo il Sole illumina e riscalda, dove non vediamo niente, quasi sempre immerso in una tempesta di sabbia. E in quel deserto scoccare frecce d’Amore, guidate dall’Amore, dopo aver teso un arco d’Amore, tra noi e il prossimo: lasciarla partire, lungo la traiettoria che l’Amore stesso andrà tracciando verso gli altri, coloro che non vediamo, ma che in piena fiducia verso Dio sorgente di luce e di fede, sappiamo che colpiremo. Fino a lasciarli non feriti, ma vivi del loro più autentico stupore per il dono che abbiamo fatto. Un dono bello come il pregare ancora una volta insieme, come le lacrime che scendono dai nostri occhi, insieme, occhio destro e occhio sinistro: da entrambi sgorgano lacrime che sanno di tenerezza, di penitenza, di pentimento…

Quando piange il coccodrillo

È una stanza calda la mia, non molto grande, oltre al grande termosifone, passano i tubi che portano l’acqua calda nel resto dell’impianto. Fa molto caldo. E non è solo una mia impressione. Impressione forse potrebbe essere altra cosa… cosa? Impressione è quella che ho percepito fortemente la settimana scorsa, un venerdì mattina di pioggia torrenziale, come ormai ci stiamo abituando dalle nostre parti. Impressione data dalla nostra esitazione nel dare soccorso ad una coppia di anziani fermi in una strada in salita. La pioggia scendeva, loro fermi, fuori dall’abitacolo cercavano soccorso. Esitazione, la nostra. Credetemi, tanta. Ci siamo fermati a pensare cosa dovevamo fare, proseguire la nostra strada per arrivare in orario in facoltà oppure fermarci e fare qualcosa. Fare qualcosa era la cosa migliore da fare. E l’abbiamo fatta! Cosa importava se ci bagnavamo? L’importante era alla fine compiere la nostra buona azione quotidiana. Come se bastasse farne solo una…

Poi per il resto in lungo e in largo nella nostra vita andiamo alla ricerca di Dio… a volte lo troviamo laddove pensiamo possa essere, forse lo confondiamo con altro… altre volte sfugge alla nostra “attenta” ricerca.

Cercarlo laddove pensiamo sia, non vederlo dove è realmente presente.

Spuntano le lacrime: di penitenza e pentimento. Esiste una preghiera attribuita a S. Giovanni Crisostomo, una preghiera che il cristiano ortodosso, quando si corica, chiede il dono delle lacrime: “Signore, concedimi lacrime, il pensiero della morte e la commozione del cuore”.

 

Spero che le lacrime da noi versate non siano quelle di coccodrillo…

Sensazione

Siamo fatti di nuvole, leggere, vaghiamo sospesi su nel cielo…

Assumiamo forme, contorni strani, a volte come di animali o oggetti del nostro vissuto quotidiano.

Altre rievochiamo i nostri stessi ricordi, belli o brutti che siano.

A volte siamo bianche, altre nere, nuvole bianche, nuvole nere, cariche di pioggia o dei nostri buoni sentimenti non espressi: aspettiamo solo il temporale che inonderà la terra… di noi. Sarà pronta ad accoglierci?

Allora aspettiamo, continuamente aspettiamo che ancora una volta il sole appaia, riscaldi l’aria e ci faccia dissolvere ancora una volta, fino a farci confondere, con le altre nuvole, nell’azzurro profondo del cielo…

Ringraziamenti…

Vanno a tutte quelle persone, presenti o assenti, amiche o no, vicine o lontane…
E poi aggiungere una cosa… un’amico lontano è una parte di noi che sentiamo lontana…
Un parte che a volte nella sua lontananza si fa sentire vicina, con il dolore dell’assenza.
E credo sia sempre l’esperienza del chicco di grano, l’esperienza che ci portiamo dietro da molto tempo…
Morire per fare frutto…
sempre.
 
Anche tra le pareti aride di un cuore una volta fertile…

Nuovo giorno

Andrò in facoltà…
la barba sul volto la stessa di ieri…

Cambierò solo il viso,

mettendo un nuovo sorriso,

il mio senza di te…