Finito febbraio

Rimane un sogno, vorrei continuarlo questa notte, per vedere come va a finire.

Il sogno?

Un film, bellissimo, fantascienza.

Alieni invasori.

Più volte morivo nel sogno.

Poi l’indomani ricominciava tutto.

Che mostri questi alieni!

Volevano conquistare tutto e tutti.

Pure a bordo dell’astronave finivo!

Ok, ok.. Solo un sogno.

Stanotte lo continuo promesso!

O forse mi risveglio domani, su un altro pianeta, senza astronavi e senza alieni…

La Xansiar

Quando arrivai qui ero uno tra i tanti.

Sarei potuto essere anche un chicco di riso, in una busta sottovuoto, magari per fare un bel risotto.

Ero in mezzo agli altri, non ero solo, sentivo il senso di un viaggio bello, di quelli che ti toglie il fiato, un viaggio senza miraggi, capace di portare al cuore così vicino tutti gli orizzonti lontani.

Su quella nave c’ero io, non più chicco ma marinaio, insieme ad una ciurma fatta di buone speranze, equipaggio pronto a solcare lo spazio profondo, verso stelle mai viste, capace di affrontare le tempeste magnetiche più forti.

Io c’ero quel giorno, quando la cima dell’ormeggio fu lasciata… io c’ero.

Ricordonil rumore grave della presa gravitazionale, per un attimo avevo temuto che potesse rompersi il bacino di Alpha 3P4.

Dopo quel rumore poi tutto andò liscio come lolio.  E così partì.

Prima chicco, poi marinaio, il viaggio aveva avuto inizio. Altro che mari lontani, solo il vuoto dello spazio intorno a me.

Fino a che quel vuoto è entrato in me.

Mi sono chiesto tante volte se sapevo la direzione, se la conosceva il capitano, soprattutto chi fosse ancora il capitano.

Una volta partito continuai a domandarmi anche il senso del viaggio, la meta, il tempo, le provviste, l’equipaggio…

Sembrava che tutto stesse andando bene, poi poco alla volta, iniziarono a sparire i membri dell’equipaggio.

Dove andavano? Erano nascosti dentro? Si lanciavano dalle camere dei siluri? Chi li spingeva? Erano loro a decidere di farla finita? C’era qualcosa o qualcuno che li aveva presi di mira?

Anche ora… non sentite come me questo respiro gracidante? Ansima, respiro pesante… io lo sento e voi? Sembra interrompersi, poi ricomincia. Mi chiedo se mai smetterà, se riuscirò a prendere sonno, forse sto già dormendo, tutto questo è soltanto un sogno…

Forse no, non può essere, ogni giorno la sveglia è puntata allo stesso orario, abbiamo mille cose da fare qui sulla Xansiar, ognuno ha il suo compito, è questione di responsabilità, collaborazione, altrimenti tutto sì ferma e non andiamo da nessuna parte.

Che strano… Mi sembra di essere proprio il capitano. Ma non sono io il capitano. Me lo hanno detto fin da quando mi sono arruolato nella Guardia Spaziale: “Lei sarà un marinaio, non potrà mai essere altro”.

Non sono il capitano, qualche volta vado oltre e faccio pensieri da capitano. Io non sono il capitano. Sento però delle voci, sento un respiro gracidante. Non altro. Forse perché sono solo. Forse sono rimasto solo io sulla Xansiar.

Dove sono gli altri? Perché sono solo? Dove sono gli altri, perché sono solo? Mi sembra solo di impazzire…

***

La Xansiar fu trovata non lontano dal bacino di Alpha 3P4. Il suo viaggio era appena iniziato e subito era scomparsa. Dove era finita? A bordo fu trovato solo un diario digitale con queste parole che avete letto. Nessuna traccia di superstiti.

La scuola che piace…

La buona scuola, quella degli alunni buoni, dove basta poco per vedere semi di speranza e di bontà vivace!

I compagni di classe, appena saputa la storia di uno di loro, sbarcato lo scorso anno a Lampedusa, partito dalla sua casa in un paese africano tre anni fa, hanno chiesto se avesse un cellulare.

Lui ha detto che glielo hanno rubato…

Loro, senza dire nulla, si sono subito organizzati per comprargliene uno nuovo.

Questo è l’inizio dell’anno scolastico che piace!

Prima parte…

  • Hai visto?
  • Visto cosa?
  • Hanno detto che dobbiamo tornare a casa.
  • Ora?
  • Si, si, ora…
  • Peccato… io ero un po’ stanco e affamato… pensavo ci fermassimo qui a prendere qualcosa da mangiare!
  • Ma qui dove? Non lo vedi che siamo in mezzo a un deserto?
  • Ou ma cosa credi che ne sappia di un deserto! Io mica mai sono uscito da casa… fra noi due il viaggiatore esperto sei tu!
  • Esperto… per modo di dire!
  • Esperto, esperto… allora dimmi una cosa… torniamo o no a casa?
  • Ora?
  • Si, si ora!
  • Non c’è niente da mangiare.. Torniamo a casa!

Avevano percorso appena un centinaio di metri quando una voce, arrivata da lontano di corsa dicendo: “Hey voi! Tornate indietro! Stanno dando del cibo, dicono che sia abbondante!”.

Si guardarono. Uno sguardo al volo, profondo, d’intesa perfetta.

  • Torniamo!

E dicendo insieme la stessa parola si misero in cammino…

Incontri d’eccezione…

Hai aspettato che finissi di parlare.
Sei entrata e ti sei seduta lì.
In silenzio sei rimasta, illuminata dall’alto, non un raggio di sole ma una lampada, posta molto in alto.
Nella penombra generale eri lì illuminata.
Poi ci siamo seduti e abbiamo parlato.
Sono venute fuori le tue parole, dopo quelle, fatte di storie della tua vita, sono uscite anche le lacrime.
Potevo asciugartele io?
Lo hai fatto tu. Tu non piangi mai davanti agli altri. 
Lo avevo capito da solo.


Ti ho chiesto poi una cosa, prima di lasciarti andare via.


“Posso abbracciarti?”.


“Io non do mai abbracci…”, questa la tua risposta.


E ti ho chiesto allora ancora una volta se potessi abbracciarti.
E mi hai detto si.


Ora io so del tuo pianto nascosto e degli abbracci negati. 
E solo per un’eccezione, la mia, svelati e rivelati… 

Sentiamo…

– Sentiamo cosa hai da dire…

– Io? Niente!

– Avanti dai… Sempre le stesse storie. Cosa hai da dire?

– Io? Niente davvero!

– Non mi vorrai dire che sei venuto per dire… Niente!

– No, no… Effettivamente sono venuto a dire alcune cose… Alcune preghiere! Parole che diventano preghiere!

– Eccolo qui! Ecco quello che riconosco! Ti ho aspettato da un bel pezzo!

– Ma è difficile sai, fermarsi, prendere fiato, un foglio, una penna e scrivere…

– Queste cose le hai scritte già altre volte… Hia altro da aggiungere?

– Ah si… Le preghiere!

– E per chi vuoi pregare?

– Vorrei pregare per tutti quelli che sono in cammino!

– In cammino… A piedi intendi?

– Certe volte ho come l’impressione che non mi segui… In cammino nel senso che stanno facendo un cammino nella propria vita!

– Io ti seguo. E come se ti seguo! Sei tu che ti perdi ogni tanto…

– Ok, ok… Allora vedo che già sai…

– Dimentichi forse che so tutto?

– No, no… Anche se ho l’impressione che ti dimentichi di me…

– Di nuovo con la stessa storia!

– No, scusami! Allora prego per quelli che sono in cammino nella loro vita, per quelli che hanno il passo lento e per quelli che hanno il passo veloce. Per quelli che rallentano e per quelli che accelerano. Per quelli che inciampano… Quelli che si rialzano in fretta e quelli che non vogliono più rialzarsi. Per quelli che nella fretta di arrivare hanno sbagliato strada. Per quelli che non hanno fretta e che fanno passi talmente piccoli che sembra stiano sempre fermi.

– Sono tante persone… Ne conosci qualcuna?

– No Signore… Sto soltanto iniziando a conoscere sempre più me stesso…

.

Dietro la finestra…

– Perdonatemi, potrebbe dirmi cosa stava fissando?

– Io?

– Si, lei. Ho visto che spiava dietro ai vetri di casa.

– Era fuori anche lei?

– No, no, ero proprio dietro di lei!

– E non ha visto nulla?

– Ho visto soltanto lei… E lei guardava qualcosa al di là della finestra.

– Ah si, proprio così!

– E cosa guardava? Le chiedevo proprio questo!

– Poteva chiederlo prima! Guardavo i gatti giù, in terrazza.

– Lei ha dei gatti? Non lo sapevo!

– Non proprio io… Non ho mai pensato a degli animali domestici, pensavo di bastare già io a me stesso!

– Spiritoso! Suvvia mi dica cosa ha visto!

– Due gatti, madre e figlio. Erano fuori, poco lontano. Un tizio ha aperto i cancelletto del terrazzo, ha messo del cibo, nessuno si è presentato.

– Avrà avuto paura…

– Non saprei. Io ero dietro la finestra. Posso parlare solo delle cose che ho visto.

– E cosa ha visto?

– La madre ha preso il gattino e l’ha portato laddove c’era del mangiare.

– E la madre ha mangiato?

– No, era lì a fare la guardia.

– Crede sia ancora lì?

– Posso controllare se vuole!

– La prego, gliene sarei grato.

Il tizio si alza e va a controllare.

– Perché si è alzato?

– Dovevo controllare un paio di gatti.

– E sono ancora lì?

– Non saprei. Il tizio che dava loro da mangiare non c’è più.

– E i gatti?

– Non capisco la sua insistenza. Comunque i gatti non c’erano più. E nemmeno il mangiare.

– E il tizio?

– Che razza di curiosità! Il tizio sarà andato a dormire! Ci vada anche lei!

– Ero già a letto, per questo le ho chiesto tutto questo!

Caro papà…

– Ciao come stai?
– Io bene! E tu?

– Così.
– Così come?

– Un pochettino giù…
– Io lo so il perché!

– Tu ormai sai sempre tutto, non ti sfugge niente!
– Già, dopo un certo tempo è come se capissi tutto, al volo!

– Un certo tempo, anche se gli anni sono passati tornano a farti visita alcuni pensieri…
– Qualcosa in particolare?

– Cominciamo con le cose più banali… Mi manchi. A distanza di tempo lo dico. Mi manchi. E così sono già due volte che l’ho detto!
– Cominciano bene… Tutte queste sdolcinerie in poche righe!

– Evidentemente non ti somiglio.
– Perché dici questo? A volte ti vedo, anche da lontano e sei preciso a me!

– Ora non esagerare! Forse in qualcosina… Non ho certamente la tua pazienza nel ragionare sulle cose, figurarsi con le persone. Per non parlare della disponibilità nel mettersi a servizio degli altri. E poi non so cucinare come te e mille altre cose ancora.
– Non credi di stare esagerando un poco? So che i tuoi ricordi sono preziosi, però esageri!

– Sei tu che fai il modesto! Quando si devono dire le cose… Si dicono!
– Fai tu! Non insisto. Però posso tornare a chiederti ancora: “Come stai?”.

– Così. Anche se sembra meglio.
– Ti sono servite poche righe di dialogo e va già meglio… Dovresti farlo più spesso!

– Cosa dovrei fare?
– Fermarti e parlarmi, fermarti e scrivermi.

– Hai ragione. Lo farò più spesso. Mi fermerò e ti parlerò, mi fermerò e ti scriverò. Tu invece come stai?
– E lo chiedi pure? Io sto bene! Ricordi quando sono andato via?

– Lo ricordo e come… Anche i miei occhi ora lo stanno ricordando, non smettono di lavare il mio viso. Le lacrime non sono altro che acqua che lava via il dolore, quando asciugano rimane il sorriso… ricordo ogni cosa di quel giorno. Ogni cosa…
– Ogni cosa? Tutto? E com’è tenersi dentro tutto questo?

– Non è facile, lo sanno in tanti che non è facile. Lo so anche io. Sei andato via che era domenica. Quest’anno ripenso a quella domenica. Non una tra tante, era la domenica del Battesimo del Signore.
– Hai detto per tre volte domenica… Deve essere importante per te la Domenica! E perché quest’anno cosa c’è di diverso nel pensare a quella domenica?

– Di sicuro sono diverso io, viviamo anche cose diverse dal solito. Sai come vanno le cose per ora…
– Eh si, io so tutto! Stai tranquillo che le cose si sistemeranno, ci vorrà del tempo. Parlami ancora della domenica. Cosa ti colpisce?

– È la Domenica del Battesimo del Signore! Ieri pomeriggio ho battezzato Giorgio! Egle e Giampiero super emozionati e lo ero anche io! Lo eravate anche tu e la mamma il giorno del mio battesimo? Lo eravate di più per quello di Michele?
– Chiedilo a lei!

– Appena si sveglia le chiederò questo… E le chiederò anche se siete ancora emozionati per questi figli che vedete crescere. Innamorati, emozionati, compiaciuti.
– Hai bisogno di sentirti dire queste cose? Non riesci a sentirle?

– Che ti credi… Sono anche fragile! Mica sono solo rompiscatole! Ho tanto altro dentro!
– Lo so, lo so… Ormai so tutto io! So che ti voglio bene. So che ti amo.

– E me lo dici così?
– Se vuoi te lo ridico ancora.

– Dillo ancora…
– Ti voglio bene, ti amo, sei parte di me.

– Ti voglio bene, ti amo, sei parte di me.
– Lo hai detto anche tu!

– Posso abbracciarti? Anche senza mascherina?
– Certo che puoi farlo, siamo congiunti!

– Dimentico tutto a volte…
– Vieni qua e abbracciami e baciami fino alle viscere…

Rimasero nel silenzio che fa tanto rumore, stretti nell’abbraccio l’uno dell’altro. Silenzio interrotto solo dai singhiozzi del pianto. Quanto durò? Sembró durare un’eternità.

– Com’è stare con Lui?
– Bello. Com’è essere figli? Com’è essere padri?

– Bello, con delle difficoltà che si incontrano nel cammino.
– Stare con Lui è bello perché non ci sono più difficoltà!

– Ora però è tardi, devo andare, anche se sinceramente vorrei restare con te.
– Anche a me piacerebbe ma ti prometto che tra due giorni saremo di nuovo così vicini.

– Lo hai promesso!
– Si, l’ho promesso.

– Siamo giunti ai saluti… Un bacio e a presto!
– I miei baci e le mie carezze dalle tu per me!

Il tempo sembrava essersi fermato, il sole da qualche parte spingeva già per il nuovo giorno. Alzarsi e mettersi in cammino, come ogni nuovo giorno…

***

C’è questa poesia di Eugenio Montale con la quale si fondono le mie parole…

Cigola la carrucola del pozzo,
l’acqua sale alla luce e vi si fonde.
Trema un ricordo nel ricolmo secchio,
nel puro cerchio un’immagine ride.

Accosto il volto ad evanescenti labbri:
si deforma il passato, si fa vecchio,
appartiene ad un altro…

Ah che già stride
la ruota, ti ridona all’atro fondo,
visione, una distanza ci divide.


Ci sono tracce di Father and Son… Anche in questa interpretazione di Ronan Keating.

E poi c’è tutto il resto, detto e non detto.
Quanto pazientemente aspetta di vedere la Luce!

Chi potrà mai rubarci il Natale?

Caro Gesù Bambino ti scrivo una lettera che avrei voluto scrivere già tempo fa.

Mi rendo conto delle mie pochezze, di quanto non va nella mia vita, di quanto non riesco anche a far andare…

Sono sicuro però che ancora una volta la Tua Nascita, il ricordarmi che sei nel mondo, mi aiuterà a vivere nella consapevolezza dell’Amore, la Carità che non avrà mai fine!

Cosa posso chiederti in dono allora?

Due cose ti chiedo, forse tre.

La prima… Aumenta sempre più la mia fede! E anche quella di tutti gli altri!

La seconda… Dona la pace ai nostri cuori!

La terza… Tu che nasci Bambino, tu Povero tra i poveri, ricordami sempre che ti fai come noi per farci come Te!

Allora si, nessuno potrà mai rubarci il Natale!

***

Nella foto “Un mascalzone cerca di rubare il regalo di Natale che suor Giovannina mi ha fatto!”

Familiari del Clero

Da qualche tempo esiste un’associazione denominata “Familiari del Clero”, composta non soltanto dalle famiglie del clero diocesano ma anche da tanti amici e amiche che vogliono seguire e sostenere in modo particolare vescovi, preti, diaconi…

Questo tempo ci ha insegnato e ci sta insegnando tante cose, anche il poter stare vicini a distanza di sicurezza, lo stare vicini, ancora di più, con legami spirituali forti.

Non è il tempo della DAD, didattica a distanza, della DDI, didattica digitale integrata, della FAD, formazione a distanza.

È anche il tempo della CAD, chiesa o comunità a distanza, tempo della PAD, preghiera a distanza.

E per quanto possiamo essere distanti fisicamente la preghiera ci avvicina a Dio e tra noi più di quanto immaginiamo…

In fondo di un DAD, Dio a distanza, sappiamo farcene ben poco!

Abbiamo soltanto bisogno di un Padre…

Un sentito grazie agli associati più giovani e tecnologici che hanno permesso incontrarsi digitalmente!