Una foglia…

Una foglia, appesa ad un albero, ai continui passaggi del vento, piccoli tocchi leggeri, sentiva crescere un senso di libertà, qualcosa acquisito nel tempo.
Un giorno, stanca del suo continuo passar senza mai fermarsi, disse al vento: “Spero presto di poter venir via con te… si, portami via con te!”.
“Non posso farlo ora, non so nemmeno quando potrò farlo…”, rispose il vento, “trascorro molto tempo sospeso sopra la terra e occupando il cielo, ma non so se potrò mai portarti via con me!”.
“Peccato, non sai quanto mi dispiace…”, rispose in modo sconsolato la foglia.
Poi però, sul finire dell’estate, la foglia aveva già cambiato colore, il verde aveva ceduto il passo a delle chiazze con tinte più chiare, come se svanissero i colori con tutta la foglia.
Si presentò il vento, ancora una volta a lambirla, tocco leggero, come una piuma…
“Portami via con te…”, disse ancora una volta la foglia, flebile voce che sapeva di tempo passato forse troppo in fretta.
“Portami via…”, riprese ancora.


Poi il silenzio.


Per un attimo il vento cessò.
La foglia fece un volo a caduta libera, leggera era lei non il vento, non si udiva muoversi nemmeno un capello…
Toccò terra e cominciò ad accartocciarsi.
E disse: “Se non vuoi o non puoi portarmi via con te, ti stringerò sempre più forte a me…”.

Il vento allora andò via e nessuno vide mai verso dove…

Memorie del tempo verde

“Ciao hai chiamato?”, disse una voce esitante.

“Si, avevo chiamato, era da tempo che provavo a farlo!”, anche quest’altra voce non era da meno.

“Beh si, scusa, non avevo capito, se avessi chiamato tu o se ti avessi chiamato io per sbaglio…”.

“Ah si, per sbaglio… non chiami mai…”.

Si creò un momento di imbarazzante silenzio, altre frasi di circostanza, brevi, brevissime, poi i saluti, chiudendo così la video chiamata.


Il pannello di controllo emise uno strano rumore, come un ronzio, seguito da un suono metallico, poi si accese anche la spia del controllo emozionale, lampeggiando freneticamente.

Il dottor Steven si accorse che intorno agli occhi dell’androide CP567 stavano formandosi delle lacrime.
“Bene, direi che quasi ci siamo! Questi ricordi che stiamo caricando in memoria lavorano sulla personalità, sulle emozioni e sui sentimenti… Sembra quasi che…”.

“Che cosa? Dottor Steven non vorrei che questo modello risultasse più umano degli umani!”, chiosó Fredrik, “Al momento non possiamo permetterci altri errori per questo progetto, ho investito già abbastanza soldi e mi aspetto presto un ottimo profitto!”.

“Fredrik, se non fosse stato cosi avido e attaccato al denaro, credo che questo progetto sarebbe stato pronto molto prima! Le ho sempre chiesto di sognare in grande, di aspettare e pazientare, lavorando con cura e soprattutto educando anche con il cuore, sebbene possa essere una macchina, un androide, CP567 sarà in grado di sognare, ma non faccia pressioni tirando in ballo i soldi!”.

“Dottor Steven… Faccia come le pare e piace, vorrà dire che anche CP567 nel suo realismo sognerà pecore, pecore elettriche però…”.

30anni

Restiamo ancora insieme a parlare
come se nulla fosse mai successo.

Restiamo seduti qua,
tu prendi un libro,
pieno di pagine bianche,
io porto righe già scritte.

Ascolterò la tua voce mentre le legge,
parola dopo parola senza mai stancarmi,
ti prometto che non distoglieró mai lo sguardo…

(dal libro e da te)

Siediti qui, vicino a me.
Sono passati giorni, mesi, anni.
Siediti qui. Anche in silenzio.

Aiutami a scrivere le storie che non ho mai raccontato.
Aiutami, silenziosamente, a parlarne ancora…

si comincia così… 001

– Hai mai pensato di scrivere un libro?

– Io? Un libro? Non penso di essere all’altezza… e poi non saprei da dove cominciare!

– Secondo me hai tanto da poter comunicare, cose davvero belle, ogni tanto ripenso alle cose che mi hai detto o che sento da altri su di te, si, davvero, ne saresti capace!

– Se dovessi scrivere un libro… se proprio dovessi farlo, credo che scriverei un libro di favole per bambini.

Da leggere quando è tardi, non si ha sonno, troppi pensieri per la testa. Lo scriverei per i bambini che sono svegli fino a notte fonda, per gli adulti che non riescono a dormire, per quanti non chiudono mai occhio la sera e l’indomani sono più stanchi di prima, per quelli che non sanno più sognare, per chi sta li a rimuginare sugli errori del passato e non vuole vivere bene il presente, per quelli che si sentono soli perché incompleti o perché già pieni di se stessi e non riescono a trovare spazio per altri…

– Avresti di che scrivere allora…

­- Oh si, hai ragione, potrei scrivere un libro… ma chi lo leggerà poi?

44

Grazie Signore perché mi sorprendi ogni giorno! “Mamma te lo ricordi quando sono nato?” E lei mi fa, appena sveglia… “Eri sapurito!”. … E già… Poi il tempo peggiora le cose ma il Signore compie sempre meraviglie nelle nostre vite, sta a noi saperle riconoscere! Una preghiera per me in questo giorno Grazie a tutti!

Il ricordo

“Dimmi ancora, parlami del ricordo…”. “Cosa vuoi sapere?”. “Lo sai, dimmi cosa pensi quando hai un ricordo!”. “Posso pensarci su e poi te lo dico oppure posso abitare ancora una volta quel ricordo e lasciare che anche tu possa abitarci con me…”. “Anche se non ci sono mai stato in quel ricordo? Anche se non mi appartiene?”. “Si, anche se non ti appartiene…”. “Allora parlami del ricordo!”. “Il ricordo è come camminare in una strada buia senza luce alcuna, lentamente il tuo occhio si abitua all’oscurità e riesci a osservare piccoli dettagli, fin quando tutto diventa luminoso e chiaro”. “Parlami ancora del ricordo…”. “Il ricordo sa di parole già usate, di risate già vissute, di rughe che hanno già solcato il viso, sa di tempo che è trascorso eppure è ancora lì…
in attesa di essere vissuto,
anche con gli occhi chiusi…”.