12 gennaio
Potrebbe sembrare una data qualunque, un giorno qualunque.
Per certi versi lo è. Per altri no. Per me non può esserlo.
Una data che è l’incontro annuale con un evento che mi ha cambiato la vita, vuoi o non vuoi è così.
La vita cambiata da una morte, quella di mio padre, che ha fatto volgere gli anni seguenti fino ai risvolti odierni.
Se il grano di frumento, caduto per terra, non muore, resta esso solo. Ma se muore, porta molto frutto… me lo sono ripetuto negli anni, non sempre, ma periodicamente.
Mi sono fermato così a riflettere sul grano di frumento che da frutto… e ho visto tanto frutto intorno a me. Ho visto voi. Ho visto voi e tanti altri. Sono andato oltre, fino ad arrivare a vedere un Maestro, lo abbiamo riconosciuto tale, che è in grado di amare fissando con il suo sguardo, Maestro che è capace di suscitare la chiamata al servizio dell’amore più grande. L’Amore. Perché il Maestro è in grado di farci morire, farci morire al peccato, e dare ancora più frutto con la nostra vita!
Sembrano temi ricorrenti nella mia vita, nella nostra vita, siamo tutti chiamati all’Amore, non possiamo fare a meno di rispondere. Possiamo riconoscere subito l’Amore perché qualcuno prima della sua venuta ce ne ha parlato. Così ha fatto il Battista. Ha parlato dell’Amore. E uomini pronti ad accogliere la Parola lo hanno ascoltato. Uomini saggi e sapienti ci hanno dato testimonianza dell’Amore. Altri poi hanno riconosciuto l’Amore quando lo hanno visto passare… anzi, ancora una volta Giovanni Battista ha suscitato la risposta, ha indicato l’Amore che passava quale agnello di Dio.
Ci siamo messi in cammino dietro Gesù… Cos’altro potevamo fare? Quanto tempo siamo stati al suo seguito? Lo abbiamo seguito da lontano… timidamente abbiamo pensato che fosse bene stare lontani da Lui. Lontani, da lontano ne abbiamo seguito i passi. Ci siamo lasciati condurre nel deserto con Lui? Lo abbiamo seguito fino a Gerusalemme? Siamo poi rimasti sotto la croce?
Lo abbiamo solo seguito. Siamo rimasti in disparte. Lontani. Ancora timidi o pieni di poco coraggio. In disparte. Sono passati gli anni, tanti, molti anni, fatti di silenzi e di paure, di sogni e di ipotesi.
Ci siamo lasciati travolgere dal tempo che ancora una volta è passato, sopra di noi, lasciando dei segni, dei solchi… lungo i quali piantare chicchi che morendo hanno dato la vita ad altre spighe.
Si è fermato poi il tempo quando Lui si è girato verso di noi e ci ha chiesto semplicemente: “Che cercate?”… forse già da tempo gli dava fastidio il nostro stargli dietro? Il nostro essergli tra i piedi? O forse spazientito dalla nostra mancanza di determinazione, dal nostro poco slancio, dalla nostra tiepidezza d’animo, ha voluto far Lui il primo passo… Rompere il ghiaccio.
Camminavamo per strada, Lui ad un tratto si è fermato e voltandosi ci ha raggelato il sangue. L cuore per un attimo si è fermato. Per la paura di ascoltare le sue parole perché intrinsecamente portavano la Parola.
“Che cercate?”
Quale autorità aveva per chiederci tanto? Non facevamo nulla di male, lo seguivamo da lontano già da tempo, pensavamo che la nostra vita sarebbe stata sempre così, seguirlo, forse essere visti, scorti tra la folla, ma non ci aspettavamo quella domanda per il nostro comportamento… la paura forse cominciava anche ad averla Lui, paura che il nostro comportamento diventasse sempre più un atteggiamento radicato.
“Che cercate?”
La sua non poteva essere che autorità di Maestro. Lo seguivamo per questo. Giovanni ci aveva detto che sarebbe venuto un messia, il Messia! Sapevamo che c’era un altro più forte di Giovanni, sapevamo che la nostra vita doveva convergere verso Altro… e un giorno quell’Altro si era presentato!
“Maestro, dove abiti?”
Sentivamo il cuore battere forte nel nostro petto… tentennavamo parole… poi ci eravamo sbloccati improvvisamente dicendo entrambi: “Maestro, dove abiti?”… almeno su questo io e il mio compagno di viaggio eravamo d’accordo. Lui il Maestro, al quale potevamo chiedere soltanto che cercavamo di sapere dove abitasse, per questo eravamo al suo seguito… Lui che sapevamo nel nostro cuore avrebbe fatto cose grandi per tutti noi, Lui il Messia attesa dalle genti… Lui ci spiazzava con una domanda che suscitava in noi un’altra domanda… “Maestro, dove abiti?”
Finalmente la sua risposta… attesa da anni, insperata. Ma con la sua Parola tutto assumeva ben altra luce, tutto aveva un nuovo senso, un significato profondo… “Venite e vedrete”.
Ci aveva invitati a stare con Lui. Quanti ricordi! Il più bel giorno della nostra vita, sicuramente, stare con Lui perché Lui ci aveva detto di andare con Lui. Non più noi a seguirlo da lontano, ma Lui che ci voleva vicini. “Venite e vedrete”. Vederti, stare con Te, per conoscere Te, imparare ad amare Te e come Te, vivere con Te e di Te. Ci avresti dato del tempo per farlo. A Te invece è sempre bastato poco, guardando un uomo lo conosci. Lo fissi con il tuo sguardo… e lo inviti al cambiamento, alla vita nuova in Te.
Magari ci hai fissato così come hai fissato il tuo sguardo su Pietro. Altri ci avevano condotto a Te. Non eravamo stati noi a seguirti, qualcuno che ti aveva conosciuto aveva voluto condividere subito l’Amore con noi. Dividere l’Amore per moltiplicare ancora una volta l’Amore. Ci avevano condotto alla tua presenza, ci avevano detto che tu eri il Messia. Ma non ti avevamo riconosciuto.
Neanche oggi lo abbiamo fatto. Quando ci hai guardato con gli occhi di altri che sono nel mondo, occhi che sono rimasti in silenzio, occhi che nel loro silenzio gridano il dolore per la sofferenza nel mondo, per quella che circonda gli uomini e le donne che hanno il tuo sguardo, i poveri che sono ricchi di Te.
Anche oggi, pensando agli anni trascorsi, siamo rimasti forse stupiti perché sapevi il nostro nome? Siamo rimasti confusi? Molte volte poi non abbiamo ascoltato più la tua voce. Alla fine ci hai lasciati… hai lasciato che ti conoscessimo e poi sei andato via.
Ci hai lasciati soli… Non lo hai fatto.
Ci hai lasciati nel tuo Amore.
Dove sei ora?
Sei tra le mani,
le mille mani di uomini e donne,
mani che hanno bisogno di me.
Sei tra i cuori feriti e piagati
che giorno dopo giorno
desiderano le mie cure…
Sei tra le lacrime di volti sofferenti,
quei volti che nascondono Te,
volti che oggi fissano me.
Sei tra la gente,
lungo le strade del mondo,
lungo le strade che per mille strade,
portano ancora a Te.
E di questo devo dire grazie anche a mio padre…
Ha percorso prima di me quelle strade
quelle che portano al Padre.
Teresa e dintorni…
Anno Nuovo
Santa notte, Santo Natale!
Felicità e dintorni
Senza nome
Il tempo sembra a volte soffocarci. Stringerci tra le sue spire. Le stesse spire fatte da noi così strette. Fino a rimanerci “stretti”, forse anche stritolati. Gli impegni riempiono le nostre agende di vita. Ma è vita che toglie vita alla Vita. Fino a consumarci, fino a spendere tutto di noi, trascinandoci in baratri che lasciano spazio solo alla disperazione.
Allargare il tempo, distenderlo. Fino a trovarci in dimensioni più adatte a noi, trovando anche gli spazi per noi. E parlare così ore ed ore senza rincorrere il ticchettio delle nostre tastiere.
Se fossero parole dette,
con la nostre voce sussurrate,
pensi che sortirebbero altro effetto?
Sono pur sempre parole,
riempiono lettere,
scritte su fogli conservati,
già da tempo, in cassetti.
Sanno di immagini lontane,
nello spazio, nel tempo no.
Fotografie scattate,
piene del dolore di un mondo,
il mio distante dal tuo,
di vento che muove i capelli,
di freddo che tempra il corpo.
Sanno di parole consumate,
emozioni, sentimenti perduti,
legami spezzati.
Saldare eterogenee parti,
parti di metalli differenti…
Fino ad essere uno.
Esiste un Legante così forte?
Basterebbe un pensiero allora, una telefonata, un messaggio. Basterebbe poco per comprendersi. Poco per completarsi. Per scrivere pagine di nuove lettere. Lettere che sanno d’Amore.
Come nascono le parole? Dove nascono? Dopo aver letto, meditato, riflettuto le altrui parole è facile dare risposta ai moti dell’anima e del cuore. Ai propri. Anche a quelli degli altri.
È ancor più facile dopo averci pregato su.
Come per incanto arrivano le parole che si devono dire.
È facile come bere dell’acqua da una fresca sorgente, come ridere insieme, scherzare, lasciandosi prendere in giro. Nei nostri piccoli e grandi difetti, quelli che sono poi adombrati dai nostri piccoli e grandi meravigliosi pensieri. Diventa dolce il sopportare e il supportare.
Poter portare sulle spalle qualcuno vuol dire allora dare la possibilità di vedere più in alto di quanto si possa fare con i nostri piedi, con le nostre gambe “limitate”: dobbiamo solo crescere. Insieme. Uno sopra l’altro, uno dentro l’altro, fino a diventare parte viva e vitale della stessa vita che respiriamo dal nostro battesimo, la vita nello Spirito, con lo Spirito.
Portare sulle spalle… per spostare ancora più in la l’orizzonte, far vedere quanto è davvero vicino l’Orizzonte Infinito.
Domande davanti ad uno specchio
Voglio scrivere a chi, ormai da tempo, non ha più notizie di me attraverso le pagine di un blog.
Vorrei poter raggiungere ancora una volta chi è lontano, e come per incanto renderlo presente alla mia vita, nella mia vita.
E ancora una volta prendere il mio cuore tra le mani e donarlo a chi può farne un buon uso.
Sorrido e scrivo, fa freddo oggi, ancor di più dopo essersi lavati con l’acqua fredda. Lo facevo anche in Albania qualche anno fa, ma almeno era estate. Invece tra poco arriverà l’inverno, per me che abito a Palermo difficile pensare che ci sia davvero freddo come in altre parti del nord italiane.
Ma per me fa freddo. I piedi sono due piccoli blocchi di ghiaccio infilati nelle scarpe. Anche ieri mattina ho provato questa sensazione di freddo continuo ai piedi per tutta la mattinata.
Forse dovrei camminare, mettermi in moto al posto di scrivere davanti al pc.
Ma è già da troppo tempo che voglio farlo e soprattutto che devo farlo: è una valvola di “sfogo” per dire quanto ho dentro.
E cos’ho dentro? Cosa tengo in fondo dentro di me? Se guardo le mie tasche sono vuote: ma non basta averle piene per dire chi siamo realmente.
Sono l’amico che è nelle difficoltà, quello che riflette davanti al suo specchio e vede la sua immagine diversa da quella che pensava di poter avere. Coraggio!
A quell’amico non posso che essere vicino.
Sono me stesso. Sono quello che mette in gioco se stesso, scommette ancora una volta sulla propria vita, per darsi agli altri. A ciascuno con modalità differenti, come suggerisce a volte lo Spirito, molte altre l’istinto. E se è un istinto che si adegua alla vita nello Spirito, poco alla volta le due modalità concorreranno nell’unica dimensione che sa dell’Amore.
Solo che vive pienamente nel tempo è vivo nell’Eternità. Solo chi sa che non c’è misura nel corrispondere l’amore all’Amore, sa di gustare la dolcezza della vita eterna.
Ci crediamo? O scriviamo parole su parole solo per riempire il mondo di vocali e consonanti?
O forse la nostra rivoluzione comincia e poi maldestramente si interrompe a causa del nostro voler rompere tutto e tutti repentinamente? Dovremmo prendere esempio dai piccoli passi delle formiche che costantemente lavorano, giorno dopo giorno, soprattutto lavorano insieme.
La pazienza e l’impazienza. Preghiamo perché il Signore abbondi in noi la sua pazienza e mandi via la nostra impazienza: questa dove ci porta? Ci porta a gestire rapporti umani che sanno di fretta, di servizio dato all’altro solo per fare un servizio e non per dare un servizio alla persona e alla comunità. È forse più sicuro chiudersi nel proprio recinto, operando nel silenzio, restando chiusi non solo agli altri ma alla fine anche a se stessi?
O è forse più “utile” rispondere pienamente alla chiamata che abbiamo avuto in dono?
Se sono figlio o figlia risponderò da figlio o da figlia, amerò i miei genitori pensando ai giorni della loro vita che hanno dedicato alla mia… è giusto dare loro ascolto… e se non ci trovassimo in queste condizioni bisognerebbe solo avere fede, confidare in Uomo che non tradisce, Colui che ci è accanto da sempre.
Se sono un lavoratore, se svolgo un servizio presso una comunità, se ho il capo “pesante”, se mi sento addosso lo stress, l’affanno per dei giorni che passano come un tormento, giorni in cui vedo cambiare i miei piani, la mia vita pianificata in un modo… che passino pure queste tribolazioni ben altro è il premio alla fine dei nostri giorni. Ci crediamo?
L’orizzonte della nostra vita è limitato dai nostri stessi occhi. Per quanti di voi hanno fatto topografia basterà pensare al problema del faro, da quale distanza è visibile un faro sulla costa noti il coefficiente di rifrazione dell’atmosfera, il raggio del globo terrestre, l’altezza del faro.
E se Dio fosse quel faro? Sarebbe davvero alto! Allora nel nostro orizzonte troverebbe sempre la sua visibilità e, a quel punto, l’unica colpa sarebbe nostra, vederlo e non fare niente per raggiungerlo.
Ma per quanto alto possa essere quel fare non possiamo trascurare quanto può rendere difficoltosa la visione… già, come la mettiamo con il coefficiente di rifrazione? Non è solo la nebbia che cala nella nostra vita improvvisamente, dobbiamo tener conto anche di altre piccole cose…
Dobbiamo tener conto di noi stessi. Dobbiamo renderci presenti a noi stessi. Dobbiamo cercare in noi quel tesoro che abbiamo ricevuto in dono e metterlo a frutto.
Si, investiamo il nostro tempo, per una buona causa, vivendo nell’attesa che sa di gioia, non affanno, non terrore, ma gioia.
Un inno di Romano il Melode dice che la “Vergine oggi ha generato il sovra essenziale”. La traduzione italiana riporta che la “Vergine oggi ha generato l’Eterno”.
Da quale parte ci troviamo allora?
Dalla parte del bene che vede nascere ancora oggi, istante dopo istante, vede nascere la speranza, o dalla parte del male che ormai non vede più nessuna speranza?
E per quanto male un uomo potrà mai ricevere può chiudere del tutto la porta alla speranza?
Deve solo sempre condananre gli altri dicendo che ci penserà il giudizio finale? È giusto ripetere che il male fatto da loro sarà Dio a computarlo come condanna? Non è più giusto pregare per la conversione lasciando che lo Spirito compia in noi la mitezza evangelica? Non siamo chiamati ad essere semplici come colombe e prudenti come serpenti?
Chi è sovraessenziale, chi è Eterno, può lasciarsi sfuggire l’occasione di entrare in relazione? Può negarci mai la possibilità di entrare in comunione con Lui? Può essere mai occupato in tante altre faccende e dire che non gli interessiamo? Ma è o non è l’Amore?
Possiamo allora mettere le briglie all’Amore? Possiamo prendere l’Amore e dirgli di non amare più? Chiudere il suo splendore in una piccola scatola…
Lo abbiamo fatto tante volte… basta interrogarsi a fondo e trovare una brutta risposta, abbiamo fatto anche di peggio a volte. Abbiamo fatto di peggio.
Possiamo sempre fare di meglio, gettare tutto il male che abbiamo fatto e trovare la forza e il coraggio per ricominciare… ricominciare mettere tutto da parte e ricominciare, ma non tra i rumori del mondo, della notte brava che si può passare in compagnia di amici, in giro per locali, tra un aperitivo e un drink… non è questo ricominciare, per me è ben altra cosa. È chiudersi nella propria stanza, un giorno, una settimana, un mese, chiudersi chiudendosi per poi riaprirsi ancora una volta con rinnovato entusiasmo. È soprattutto essere sempre presenti a se stessi. È la vita che chiama alla vita, è l’amore che chiama all’Amore. Sono cose che non mi stancherò mai di ripetere. Si ricomincia mettendo da parte quanto si è fatto e dal quel silenzio embrionale, solo da quel silenzio, ripercorrere i passi che ci hanno portato a quello che siamo oggi noi. E dal silenzio, da quell’unico silenzio cominciare di nuovo ad ascoltare… La Voce.
La voce che per noi che ci professiamo cristiani è la voce-parola che si “attendò” in mezzo a noi.
La Voce che ancora una volta attende la nostra voce, la nostra risposta, quella che non arriva. Rimaniamo nel nostro silenzio. Non pazientiamo, rimaniamo nell’assoluto silenzio, nella perfetta indifferenza come se il mondo andasse per i fatti suoi. E non fossimo affatto nel mondo.
Troppe domande, quante domande? Forse è più da ammirare chi domande non ne fa più, chi ha ormai ha la coscienza anestetizzata. Ma il dolore nel profondo rimane. Ditemi se c’è un dolore che non fa più male, ditemi se tutte le vostre ferite sono ormai sanate… un genitore assente, un amico lontano, coetanei che sembrano degli eterni Peter Pan… basterà aprire gli occhi, pulirsi le orecchie per vedere e sentire ancora una volta il dolore che è nel mondo? Basterà dare una mano, stringendola forte a chi è ne bisogno, basterà sorridere dispensando sorrisi a 360° ? Basterà far finta che tutto questo non ci sfiora minimamente per andare avanti come se nulla fosse? Verremo ingoiati dal nostro stesso nulla, dal nulla che contribuiamo a creare, togliendo spazio vitale all’Amore.
Pensare che l’Eterno si sta per fare carne, che si è fatto uomo per noi.
Li si ferma la ragione e presa per mano la fede veniamo condotti fino alle porte del Regno… che non è così distante, è già in mezzo a noi!
L’unica vera risposta alla nostra umanità ferita è l’amore. L’Amore.
Non ti abbattere, non ti scoraggiare, cresci, cresciamo, diamoci una mano, come fratello o fratellone, a te che puoi essere sorella, sorellina o sorellona, a te che puoi essermi fratello, amico, compagno di viaggio, di cammino.
La Vergine ha generato il Sovraessenziale.
E ancora una volta scenda in noi lo stupore…
E torna, torna a splendere ancora il Sole!
Non è un arrivederci, non è un addio… è solo un saluto.
“Ciao Massi, la mia situazione è parecchio complicata…”
Comincia così a scrivere una mia carissima amica: vorrà dire che pregherò ancora di più per lei, per la sua situazione complicata.
Vabbé, anche per voi…
Per la mia di situazione, miei cari amici ed amiche, lettori e lettrici, conosciuti e sconosciuti, vicini e lontani, devo pensarci io!
Non restateci male per la mia decisione, no, per favore non lo fate… Voi tutti ce la farete, non temete, il Signore è con voi, da sempre!
Allora, preso da questa giornata che sa di pioggia e sa di lacrime (però come tutti sappiamo dopo la pioggia c’è sempre il sole! :-)), preso da uno stato influenzale che mi perseguita da quasi dieci giorni, preso da un senso di inquietudine profonda, preso dal sentirmi di non essere all’altezza adeguata, dal non dare una risposta sufficiente alla domanda dell’Amore che vuole l’Amore, preso da una decisione che avevo posto come risultato finale del ritiro iniziale del Seminario, insomma preso da tutto ciò non mi rimane che agire…
Saranno giorni, saranno mesi, saranno anni: avrò bisogno però di spazi più personali, fatti di silenzi e di assenze per sentire il presente che si fa Presente, Dono, regalo, gratuità, incontro nel quale si manifesta la sovrabbondanza d’Amore da riversare negli altri!
Allora via, vado via, “scappo”, "fuggo" da me stesso per trovare ancora una volta me stesso: mi allontanerò repentinamente da alcune cose che hanno creato però lacune, andrò via da msn, via dal mio space (vabbé un aggiornamento ogni due mesi si può fare), via cell (per quanto è possibile lo farò)…
Vedersi o sentirsi sarà facile?
Tornerò a fare quello che facevo prima: incontrare le persone, stare con loro (ma non è vero che l’altro è il mio inferno, anche se l’ho pensato decine di miliardi di volte!)
Faccia a faccia, voce a voce, magari anche via e-mail, via lettera, via mms, via sms… ma con moderatezza!
Cercherò di stabilire nuovi piani di incontro che vadano al di là del semplice scambio di informazioni binarie.
Passerò dal binario all’umano.
Un uso della tecnologia al servizio della realizzazione umana e vocazionale, non il viceversa, un’adesione al Progetto che è nel cuore dell’uomo.
Ci proverò…
Con l’aiuto di Dio ci riuscirò!
Con il vostro aiuto, sarò sicuro in questo nuovo cammino…
Non è un arrivederci, non è un addio… è solo un saluto, il mio.
Appresto!