Una valigia sempre pronta…
Dove sta la normalità?
Partenza…
Primo gorno di vacanza…
Sing… for the Love you bring…
23 maggio 2009, accolito!
La Parola che ascoltiamo è la stessa. L’Eucarestia che celebriamo è la stessa.
Partecipiamo tutti insieme allo stesso mistero di Cristo.
I risultati sono differenti. Dobbiamo farne un dramma?
Non credo.
Ma dobbiamo però interrogarci sul perché. Inevitabilmente dobbiamo farlo. Urge una nostra riflessione, non una mia riflessione, ma una nostra. Nel nostro essere ecclesiale, nel nostro essere Chiesa deve nascere spontaneamente la domanda… si deve tendere ad una risposta.
Tale risposta non può che essere l’Amore.
L’unica risposta è l’Amore. Per tutti. E sottolineo il tutti. Tutti.
Non è più un gioco, uno scherzo, dire tutti per poi essere sempre meno della metà nelle nostre assemblee di… Poco più della metà, poco meno dell’essere tutti quanti… difficilmente o forse ben più verosimilmente, siamo tutti. Eppure siamo tutti chiamati. Tutti chiamati, tutti eletti… tutti pronti a riscoprire e a rimodellare se stessi per ridonarsi agli altri.
Io non so quale contraddizione possano vivere gli altri dentro il loro cuore, posso dire della mia, posso dire degli sforzi che compio per superare me stesso, per superare ancora una volta il limite naturale, creaturale, limite che è posto per essere superato e non per essere guardato senza poter fare nulla… Posso dire di me… ma mi interrogo sugli altri. Mi interrogo sul perché ad un certo punto della storia vocazionale si arresta per un attimo, più o meno lungo, la distribuzione della misericordia che è data da Colui che è Misericordia. Amiamo Dio. Non amiamo i fratelli.
Se è il Pane che ci unisce, se è la Parola che ci unisce, traducendo o trasponendo negli ambiti più spiccioli della relazioni comunitarie, il Pane e la Parola ridiventano nuovamente pane e parola… impasto di farina, acqua e lievito cotto nel forno, unione di suoni articolati tale da veicolare messaggi.
Mi domando se posso pure io diventare testimone all’inverso della Misericordia. Se non faccio memoria delle volte che ho sperimentato la Sua Misericordia non posso dire di operare con questa: è un esercizio utile, difficile, che impegna tutta la mia vita. Impegna la nostra vita. Se dico “io” devo pensare “irrimediabilmente” ad un “noi”. Irrimediabile perché la viviamo come una catastrofe l’avere gente accanto che ci accompagna, ci segue o ci precede durante questi giorni… Giorni randagi? Che si accontentato di poco? Che diffidano di molti? Che si affannano nella ricerca di un po’ di cibo? Giorni in cui siamo presi a calci dalla nostra stessa indifferenza? Giorni che si ripresentano ancora una volta? Dove portano? Dove vanno? Dove ci conducono?
Giorni in cui non lasciamo operare ne la Parola, ne il Pane. Giorni in cui dimentichiamo di essere sotto la costante operazione di Colui che opera… che taglia, separa il nostro uomo vecchio dal nostro uomo nuovo. Operare. Un taglio. Dare un taglio, sanare la ferita e ripartire.
Le nostre ferite invece non le lasciamo guarire. Operiamo su noi stessi, non lasciamo che sia Lui a farlo. Allora tagliamo e pensiamo che siamo poi noi a curare e a sanare nel tempo… Forse. Si, forse con il tempo, forse passeranno anni, mesi… passerà molto tempo e poi tornerò ad amare. Ma non come prima, almeno una parvenza di rapporto, quello si… ma non subito bisogna aspettare.
Aspettare.
Non ho il tempo di aspettare. Non ho una vita abbastanza lunga per aspettare. Non che stia per morire tra poco, non voglio dire questo. Ma è un dovere da espletare con urgenza, la più rapida delle cose da fare…
Con il nostro sforzo vincere le resistenze, vincere le seduzioni del male che ci chiude all’Amore. Lo nasconde alla nostra vista. Diventiamo ciechi… per nasconderci all’Amore.
La riflessione di stamattina termina qua… continua dopo…
Dopo… chissà quando… barba, doccia, cambio e via!
A presto e grazie di tutto!
PS. “Auguri agli ammessi, ai lettori e naturalmente agli accoliti!”