Sensazioni Albanesi – seconda parte

Settimo giorno
Non sempre viviamo giorni identici. Un giorno a volte è diverso dal precedente, altre sembrano dei cloni, uno dopo l’altro si ripetono inesorabili.
Giorni diversi. Come si è diversi da se stessi. E non ci si aspetta di vivere così, in modo diverso, inaspettato, inusuale. Contro corrente, forse più semplicemente rimanendo noi stessi.
Se da una parte allora ci si abitua ad una idea di missione come una serie di giorni in cui si susseguono delle esperienze, un cliché stereotipato, altresì ci si scontra con una novità impressionante di incontri, esperienze, quasi si giocasse a Monopoli e si capitasse a sorte, per mezzo di una coppia di dadi, in quelle caselle denominate imprevisti o probabilità.
Come oggi… il giorno in cui per comprare un pezzo di ricambio per la macchina delle sorelle francescane, ho dapprima accompagnato sorella Giulia a Korçe e poi fino in Grecia, esattamente a Kastoria, dove con cun po’ di “fortuna”, un po’ di inglese abbiamo trovato un negozio di ricambi Nissan… la ciliegina più bella è stata aver aspettato due ore alle dogana tra Grecia e Albania. Due ore. Solo 25 automezzi davanti a noi. Esagero, forse erano 30. Ma abbiamo aspettato “solo” due ore. Per fortuna che avevo con me dei pistacchi. Ne ho sgranocchiato qualcuno…
È tutto così difficile quando si è lontani da casa… in fondo la mia casa qual è? Sono un cittadino di una terra, di un mondo, che vive con gli occhi puntati alla città celeste, la città che è lassù nei cieli, laddove c’è un posto per tutti gli uomini di buona volontà. Uomini e donne di buona volontà sono coloro che sono in grado di scambiare un sorriso, tendere una mano, entrare nel cuore degli altri e albergare. Prendere la mano degli altri e non lasciarla andare, fin quando non si sarà fatto un buon pezzo di strada sulla via di casa. Qual è la mia casa? Una stanza con un tetto, una porta, un letto, una scrivania, delle sedie, vestiti sparsi qua e la… qual è la mia casa?
 
Ottavo giorno
Devo chiedere scusa a Monica, ho regalato il suo regalo ad una ragazza albanese, loro purtroppo non hanno molta possibilità di andare ad Assisi e non è facile per loro avere degli oggetti come piccoli rosari e quant’altro… vuol dire che non appena andrò ad Assisi ne prenderò qualcuno in più e lo terrò in casa.
Nel frattempo continuano le mie peregrinazioni in Grecia alla ricerca di un pezzo di ricambio per la macchina delle sorelle. Che fare? Non siamo in Italia e anche se Castoria è così vicina a Bilisht è ad ogni modo difficoltoso raggiungerla, per lo meno in termini di tempo; se ieri avevamo perso due ore alla frontiera greca, oggi anzi ne abbiamo persa solo una.
Mi domando se la Comunità Europea sappia delle difficoltà al confine, laddove non ci sono distinzioni per i cittadini europei da quelli di altri paesi… come se fosse un confine di serie B. Come se ci fossero cittadini di serie B. Come se ci fossero uomini di serie B. Nessuna pari dignità, nessun uguale trattamento. Non tiro in ballo Dio, il Signore Gesù Cristo. Non è solo questione di religione, andiamo alla ricerca di un diritto naturale che dovrebbe renderci tutti uguali. Ma non è così. La vita della missione ti mette davanti piccole cose che in realtà sono grandi cose, piccole difficoltà quotidiane che in realtà sono montagne. Piccole sulla carta, quella carta su cui scriviamo nei nostri giorni, giorni grandi scritti in quei fogli grandi che traduciamo nelle nostre esperienze di vita. Senza rendersi conto che Dio non lo facciamo entrare affatto nelle nostre vite, Lui è fuori: guai, la sua presenza porta solo guai… ma della Tua presenza dobbiamo solo rendere grazie…
Davvero…
 
Nono giorno
Forse siamo semplicemente differenti gli uni dagli altri: il trattamento ricevuto alla frontiera greca mi fa pensare che esistano cittadini di serie A ed essere umani di serie D. Non basta un pezzo di carta per dirsi europei, no, non basta. Forse ci vuole altro molto altro. Basta chiudere gli occhi per volare, viaggiare, trovarsi in una parte del mondo lontano da casa nostra. Ma qui, in un posto di confine tutto vacilla, tutto va a rotoli. La realtà non è come la vediamo, non è nemmeno come la immaginiamo. Siamo europei. Ma a metà. Non ce ne facciamo niente della nostra “europeità” quando i nostri rapporti umani tendono a zero. Altro che radici cristiane. Contano ben poco, la dignità dell’essere umano è su un piano differente, fino a scomparire del tutto. Senza ogni ombra di dubbio.
Ascoltatori o predicatori. Forse semplicemente attori della Parola.
Ma almeno lasciamoci interrogare: una risposta, se Lui lo vorrà, sarà con la nostra vita, in opere sincere di carità. Verso tutti i fratelli del mondo.
E se poi metto la testa fuori cosa vedo?
Le stesse stelle che vedo da casa mia. Che cosa è l’uomo, perché te ne curi?
L’uomo è poco meno di un soffio. Ma Tu ti curi di lui. Ma lui non si cura di chi gli hai messo accanto. Strano vero?
 
Decimo giorno
Giornata tranquilla all’insegna del lavoro manuale: zappare la terra, sistemare il pietrisco nella strada, buttare via le erbacce.
Tutto tranquillo, poi ho sentito oggi un po’ di persone che si trovano a Palermo, devo dire che mi mancano. Ne avevo bisogno di sentirle, anche un po’ per ritrovarsi, per ritrovare se stessi. Si, come guardarsi allo specchio e vedere chi si è in fondo, semplicemente se stessi.
 
Undicesimo giorno
Ed alla fine arrivò il matrimonio. Nel tranquillo disinteresse di tutti gli altri partecipanti, il matrimonio è stato fatto. Si, spero e pregherò che tutto per Petrika e Linda possa andare sempre bene, nell’amore che il Signore ha donato loro e che ora confermeranno e testimonieranno con la loro vita.
Giornata di riposo comunque, a parte le ultime fatiche che la motra Giulia ci ha dispensato. Ma ora cominciano i giorni dei saluti finali. Signore sarebbe bello fare tre tende: ecco cosa hanno provato, almeno posso pensare che sia questo. L’aver condiviso con persone esperienze belle fa si che si voglia prolungare il tempo prima della separazione. Per i discepoli doveva essere ancora più forte come sensazione. Definirla sensazione credo sia pure riduttivo: davanti all’Amore che si manifesta nella gloria non possiamo usare parole su parole, dobbiamo restare in silenzio… quasi lo stesso silenzio in cui ci avvolgono le mani di Dio poco prima di chiudere gli occhi…
 
Dodicesimo giorno
Tutto è andato bene. Ed è già un bene. Oggi clima di tranquillità, di arancine e di panelle… ci sentiamo domani…
 
Tredicesimo giorno
Pure la spaghettata dell’una e mezza… sono di nuovo stanco, magari domani scriverò qualcosa…
 
Quattordicesimo giorno
No comment, ma prima o poi scriverò qualcosa.
L’esperienza del danneggiamento e della riparazione, esperienza di grazia, di luce, di bontà.
Esperienza di ladri albanesi, esperienza di veri uomini albanesi ed italiani.
 
Quindicesimo giorno
Dopo aver posticipato la nostra partenza per motivi tecnici, mi ritrovo ora a terra, gambe incrociate con il pc su queste. Ascolto musica. Ascolto.
Finita la missione in Albania mi proietto nella quotidiana esistenza italiana, non prima di aver fatto una capatina dalle parti di Tropea.
Devo analizzare, metabolizzare il senso di quanto è accaduto, quanto è stato vissuto fino ad ora. Devo. È un dovere dal quale non posso sfuggire, non posso nascondermi da quanto è richiesto a chi come me è in viaggio, in cammino verso l’autoconsegna agli uomini del mondo. Che ne sarà di questa esperienza? Dei volti che ho incontrato? Delle storie che ho incrociato? Dell’essere diventato inevitabilmente parte di una storia nella storia, storia che è parte di storie. Storie che si intrecciano. Storie di vita che hanno un’esperienza in comune seppure con differenti punti di vista, punti di vita.
Però mi mancava il dormire a terra come un albanese… a terra su un lenzuolo, senza niente addosso, solo un leggerissimo giubbotto. E mentre la luce filtra dalle tende ancora socchiuse, gli esseri umani muovono i loro primi passi in questi nuovi giorni.
La tv riporta delle news dalle quali siamo stati totalmente alieni in questi giorni.
Le olimpiadi di Pechino, 20000 case costruite, il pareggio del bilancio nel 2011.
 
Sono così lontani i volti dei bambini, i paesaggi dei villaggi, le strade rotte…
 
Sono così lontani da noi…
eppure la Terra è "rotonda" (si si, un geoide, un ellisoide di rotazione leggermente schiacciato ai poli…):
allontanarsi molto da un punto equivarrà allora ad avvicinarsi…
 
Già, nella lontananza sentiremo allora la vicinanza…

Assisi e S. Alberto Magno…

 

Allora… su, facciamo un canto!

Le parole che trovano spazio dentro me attingono la loro forza dall’Amore… ci credete?

Se davvero credete a quello che vi ho appena scritto allora vi invito a continuare la lettura altrimenti potete iniziare a classificarmi come uno di quei “preti” che comincia a parlare e non la finisce più… e continuare la lettura sarebbe solo una perdita di tempo per tutte le vostre esistenza terrene… Se è davvero questo quello che pensate di me, mi spiace dirvelo, mi sa tanto che non conoscete affatto me. E mi dispiace, perché in fondo non sono stato io abbastanza bravo, non mi sono presentato per chi sono realmente…

 

Il vero Amore non fa economia d’amore… sono queste le parole gradite, usate in uno scambio affettivo di una profonda amicizia che mi spingono ancora una volta ad aprirmi e questa volta a confidare la mia esperienza con un gruppo di giovani palermitani che, guidati dal loro parroco, hanno trascorso dei giorni in compagni di Francesco e di Gesù Cristo.

Sono trascorsi così meravigliosi giorni, durante i quali tra le meditazioni offerte dalla simpaticissima suor Rosanna e le pagine evangeliche suggerite dalla Liturgia della Parola, si è stati in grado di capire più in profondità se stessi, accorgersi di quanta strada si è fatta e di quanta strada dovrà ancora farsi. Accorgersi che non è importante restare sul monte, ma è importante scendere in mezzo all’altra gente e donarsi, riconciliarsi, amare e lasciarsi amare, eseguendo un felice comando nuovo, rispondendo alla particolare chiamata del servizio dell’Amore più grande.

Aprire il cuore all’altro, lasciare che l’altro entri in noi… e lasciare che l’Altro prenda il timone della nostra barca…

Saremo mai in grado di farlo? Saremo mai in grado di sentirci davvero figli dello stesso Dio?

Quante e quante volte ancora ci ritroveremo a cadere negli stessi errori?

Ma non metteremo mai limite alla misericordia di Dio… no, non lasceremo mai che la nostra auto commiserazione unita al nostro orgoglio offuschi la Luce…

A cosa serve allora quel canto che intoniamo?

Serve a portare via la nebbia che ci avvolge, a togliere il pesante fardello che ci portiamo dietro, ad aprire la pesante corazza che abbiamo costruito per proteggerci dal mondo, dagli altri.

Cantare che l’Amore del Signore è meraviglioso è un’utile sentenza di morte quando non mettiamo in pratica i comandamenti del Signore: amare Dio, amare il prossimo come se stessi.

Cantiamo e lodiamo ancora una volta il Signore per il miracolo che ci ha concesso, vivere con Lui questi giorni, meditare la sua Parola, ridere e scherzare superando i limiti che noi stessi siamo bravi ad imporci.

Vivere liberamente, amare e fare ciò che si vuole: e l’esempio ammirabile di S. Francesco e di S. Chiara sono una testimonianza efficace della traduzione dell’Amore, traduzione che è consegnare all’uomo, agli uomini, il tesoro che stiamo preparando in cielo…

 

La nostra vita, un po’ come scalare una montagna

Credetemi, non è importante fissare il nostro punto di partenza ma anche il nostro punto di arrivo… le strade poi per unire i due punti saranno tante, tantissime, infinite, ma alla fine il risultato sarà sempre lo stesso, avremo percorso il nostro viaggio! Tra le difficoltà che troveremo, tra quelle che metteremo noi stessi, gli imprevisti, le asperità del percorso, in tutto questo saremo sicuri solo se sceglieremo degli ottimi compagni di viaggio… non perfetti ma ottimi, anzi più che ottimi direi quasi umani. Umani perché carichi della propria umanità, consapevoli della propria umanità e quindi dei propri limiti, delle proprie paure, delle proprie ansie, delle proprie angosce… umani perché consapevoli che solo uniti si è in grado di volare in alto fino ad arrivare all’Infinito!

Volare in alto, o forse camminare in alto, fino a toccare il cielo, fino a vedere da vicino degli aeroplani silenziosi, fino a vedere un cielo senza nuvole, una città ai nostri piedi che sembra silenziosa, macchine lontane dove uomini si affannano, andando alla ricerca della felicità…

E vedere poi solo una croce che si staglia gloriosa e raccoglie dietro di se uno dei più bei panorami che abbia mai potuto vedere… forse perché quel panorama l’ho guadagnato con la mia fatica, lo abbiamo guadagnato con le nostre forze, i nostri passi, il nostro riposo “forzato” per aspettare chi arrancava dietro, perché aveva un passo lento o procedeva lento solo per meditare un po’…

In quel momento, arrivati su in cima, proprio li, possiamo dire di aver vissuto come parte di una cosa più grande, una Chiesa, una comunità che nelle sue varie parti si ricompone sempre in unità e che è in cammino, difficile, verso l’Uno, il Buono, il Bello, il Vero…

 

È felice chi ha Dio propizio…

Dove abbiamo incontrato Dio in questi giorni?

Ognuno lo avrà incontrato nel proprio cuore… si, nella stanza più segreta di ognuno di noi, proprio in quel punto, ognuno avrà esperienza dell’Amore che ristora e rinfranca, quell’acqua che toglie ogni sete. Lo abbiamo trovato nelle storie “in romanesco” del Poverello d’Assisi, nei luoghi in cui ha vissuto, nei luoghi in cui Dio gli ha manifestato la sua gloriosa potenza vestita come Madonna Povertà… nella confusione di una Basilica Superiore gremita di turisti impossibilitati da alcune guardie a fare le foto… perché fissare quelle immagine con una macchina fotografica quando possiamo invece imprimerle nel nostro animo? Forse perché abbiamo paura di stamparla, rendendole manifeste a tutti gli altri. O forse non siamo più in grado di esprimere ciò che abbiamo dentro e che ci invita ad mostrarci agli altri per come siamo realmente?

La felicità allora la possiamo trovare nella gioia del nostro incontro sincero con quelle facce che ci circondano: volti del nord incontrati per caso, volti del sud, visi stretti da mani sincere in una chiara notte ad Assisi, cuori che si dilatano per lasciare spazio a Dio, a Cristo, che è venuto per noi, per la nostra salvezza, la nostra gioia. È felice allora chi ha davvero incontrato il Signore e lo segue, non torna indietro su i propri passi come il giovane ricco, ma segue Lui. Sa che è l’unica cosa da fare: abbiamo conosciuto il Signore e oggi lo presentiamo a te!

Lo presentiamo a te perché anche tu possa stare insieme a Lui e non lasciarlo mai più: facendo un’attenta analisi delle nostre abitudini ci possiamo benissimo accorgere che nella nostra vita condividiamo con gli altri immagini, barzellette, aneddoti curiosi, pettegolezzi (ahimè…) ma difficilmente chiamiamo i nostri amici per dire: “Sai, ho conosciuto un uomo che non è solo un uomo… Lui è vero Dio e vero uomo… e mi da felicità lo stare con Lui: perché non vieni anche tu?”.

Signore dove sta la felicità? Sta nell’abitare nella tua casa per lunghissimi anni, per sempre…

E se qualcuno bussasse alla porta della casa in cui abito con Te?

Lo faremo entrare… la casa è capiente per quanto vuole il padrone, e Tu, o Signore, sei generoso…

 

Tu sei buono,

Tu sei grande,

Tu sei santo…

 

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PS

"Grazie per averci scelto… tornate a trovarci!"

Sensazioni Albanesi – prima parte

Primo giorno

 

Finalmente siamo arrivati.

Comincio fermamente a credere che anche il viaggio in Albania non è fatto per tutti.

La stanchezza, ora che siamo giunti a destinazione, prende il posto dell’ansia, della gioia, di quella sana e incredibile confusione e spensieratezza che attacca il mio “io” viaggiatore prima di un grande viaggio. Ma ora siamo qua. E non si può tornare indietro… e anche quando volessi farlo perché dovrei farlo? La temperatura che ci ha accolti è molto più fresca di quella di Palermo o di quella trovata a Bari. Stiamo bene. Da fuori entrano rumori selvaggi, di natura selvaggia, rumori ormai atipici per le nostre zone. Si odono voci. Parlano una lingua diversa dalla nostra. Non ci sono rumori di motorini, stereo messi ad alto volume, telefoni che squillano e che trillano.

Solo il rumore del vento tra gli alberi, i passi veloci di bambini che corrono lungo il vialetto, proprio sotto la nostra finestra, cinguettii vari di uccelli, continui cinguettii… nient’altro.

 

La casa è diversa da come l’ho lasciata due anni fa… ho provato una forte emozione nel vederla così ultimata, ben definita: ho in mente le foto di cameroni polverosi, senza finestre, con balconi senza ringhiere… ed ora è tutto cambiato!

 

Poi ci sono altre cose che vengono in mente, il viaggio su un traghetto, l’ultima volta che ho dormito sulle poltrone in viaggio… l’arrivo, la sistemazioni, le persone nuove incontrate, il piacere di rivedere vecchi amici. A volte penso che scrivo sempre le stesse cose. Già, forse è così, in fondo è così. Scrivo quanto mi ritrovo dentro a pensare e a ripensare. Un pensiero ruminante nella mia mente. È un bene che sia andato così quel pensiero, che sia prima nato e poi morto. È un bene il fatto che si sia evoluto in un determinato modo e che non sia stato abortito fin dal suo esistere.

 

Il tempo cambia. Sembra quasi che ora voglia piovere. Non disdegno la manica lunga e un pantalone al posto del pantaloncino. Il mio compagno di camera è preoccupato, spera di poter dormire nonostante il mio russare. Spero di poterlo fare dormire. Intanto lui riposando ora sta già russando.

Ma per me è diverso: basta poggiare la testa sul materasso, chiudere gli occhi e cominciare a dormire… semplicemente… un respiro dopo un altro respiro, chiudo gli occhi, dormo… sogno…

 

Ed alla fine è scesa la pioggia. Con la grandine. I lampi. Tutto bagnato fuori, fiumi di acqua che scorrevano lungo le strade, dai canali di scarico delle grondaie si riversavano sulle strade.

Se avessi avuto con me della sporcizia addosso in più ed un sapone ne avrei approfittato per lavarmi ancora una volta.

Ci sono sporcizie che rimangono dentro, per altre basta un semplice colpo di spugna e tutto va via.

 

Non ho pensato a niente. Davvero. Ho trascorso una bella serata, una buona cena con amici, compagni di viaggio e suore. Tutto è andato bene. E di questo sono davvero felice, contento e non posso che essere grato al Signore e lieto di avere Lui come compagno di viaggio, di vita.

Lui c’è, è sempre presente. Dove trovare qualcun altro come Lui? Dove fuggire lontano da Lui?

Se vado in Albania la Tu sei… se in pace mi addormento e mi sveglio sereno è perché Tu sei con me…

 

Non c’è migliore preghiera di quella scritta nel nostro cuore perché non è solo pensata ma soprattutto vissuta…

 

Secondo giorno

È sera. I miei occhi sono stanchi si chiudono. Non so neanche come faccia a tenerli aperti. Anche oggi la pioggia ci ha tenuto compagnia. Improvvisa cade su di noi. Cambia il tempo rapidamente. Poi finita la pioggia il cielo si apre. E spunta timido il sole. Timido perché da dietro i suoi raggi lascia che la terra si bagni ancora.

La mattina si è aperta all’insegna del riposo, abbiamo fatto un piccolo giro qui a Bilisht, ma solo dopo aver cercato di fare dei piccoli animali con i palloncini. Ho fatto qualche foto qua e la. Nel pomeriggio invece abbiamo accennato ad un lavoro, interrotto dalla pioggia: si trattava di pulire il cancello di ferro, in vista di una nuova pitturata. Altri di noi dovevano andare in un villaggio, causa incipiente pioggia sono rimasti a giocare con i bambini nel salone.

E poi oggi è il compleanno di Marco… auguri per il suo 28° compleanno!

La serata si è chiusa o conclusa con una chiacchierata con don Leo, dopo aver mangiato una torta guarnita da lui in onore di Marco, sorseggiando un vino chinato non male.

E ora a letto… i pensieri come al solito sono al loro posto… tutto bene!

Ho rivisto oggi dei ragazzi, anzi delle ragazze che avevo incontrato due anni fa… il tempo passa e dona bellezza sui visi di ragazze albanesi. Delle belle giovani donne.

 

E il tempo davanti a Dio che non passa mai… nel programma quotidiano alle 18 è prevista l’adorazione eucaristica. La dimensione comunitaria della vita della missione prevede questo incontro quotidiano. È stato bello perché poi ci ha introdotti alla messa insieme ad alcuni cristiani albanesi. Era un bel po’ che non ascoltavo i canti in albanese… una bella cosa, rivedere persone, riascoltare canti. Già, rivedere dopo tempo è sempre una bella cosa. Mille anni davanti a te sono come un giorno.

 

La parte più dura so che ancora dovrà venire.

La attendo. Devo farmi trovare pronto. Sono pronto? Prepararsi sempre… in attesa silenziosa, carica di speranza.

 

Terzo giorno

E finalmente è arrivata la legna… a bordo di un vecchio, no di più, vecchissimo camion militare, sono arrivati ben dieci metri cubi di legname grazie ai quali le sorelle francescane si “conserveranno” al duro e lungo inverno (il freddo comincia di solito ad ottobre e termina a maggio).

Ed il tempo, meteorologicamente parlando, è stato clemente con noi. Ancora ora non piove: ma stamattina era proprio brutto! Cielo nero ovunque tranne uno sprazzo di sole, potente luce solare, sopra di noi, potrei quasi pensare ad un miracolo. Per tutto il tempo che siamo stati fuori a scaricare legname, tagliarlo con l’ausilio di un trattore, spaccarlo in pezzi più piccoli con un’ascia non ha piovuto. Si, devo pensare ad un miracolo, in piccolo, ma per un uomo di fede pur sempre miracolo è.

 

Ed i miracoli credetemi avvengono. Ci si libera dei nostri peccati, di passati tormentosi, di presenti disastrosi. Ed alla fine si ha sempre il dolore per il distacco! Quale terribile ironia… voler staccarsi da qualcosa di doloroso e poi pentirsene… Uomo o donna che siamo, preferiamo vivere il nostro tormento quotidiano e non liberarci da questo. Vivere il pane quotidiano del dolore e non consegnarsi, per essere masticati come pane d’amore… Già, mi fa pensare questa cosa. Ed è difficile da capire quanto scrivo se non si è già passati da anomale ed analoghe situazioni.

 

Nel pomeriggio c’è sempre una sosta che rinfranca, che dona riposo al cammino al pellegrino che durante la via ha esaurito le proprie forze: davanti a Lui si ha il tempo per prendere tempo, per ritrovare tempo, caricare le proprie batterie. Ricominciare. In silenzio.

Pian pianino tornare alla vita. Quella stessa che Lui ci ha dato.

Vedo così l’adorazione eucaristica pomeridiana. Una sosta che ritempra gli animi.

 

La sera davanti al fuoco si raccontavano le storie… questa sera dopo cena, o forse durante la cena si è trovato il tempo per raccontare se stessi, piccole di storie di quando si era piccoli, forse più giovani. Storie che abbiamo in comune con noi stessi, storie non solo di noi stessi, anche degli altri, quelli assenti, quelli che non ci sono, quelli che verranno.

Nel frattempo cresce l’attesa per chi verrà tra qualche giorno, la curiosità di conoscere altre persone, uomini e donne con le loro storie che si aggiungono alle nostre. Vite che si incontrano, si incrociano in un mondo che è diverso dal nostro. Vite come mani che si stringono durante il Padre nostro. Mani che si uniscono, mani che non si conoscono, mani che diventano amiche. Mani.

Come appendici di anime in viaggio, in cerca. No, ma questa volta non sono le risposte che cerchiamo, nemmeno la domanda o le domande. Cerchiamo. Semplicemente noi stessi.

Cerchiamo la chiave per aprire la serratura che abbiamo dentro. Ed aprire noi stessi, schiudendo quel forziere che contiene un prezioso tesoro, da donare agli altri.

 

Chissà cosa mi attende domani… chissà cosa ci attende domani… lavorare, a ragion veduta, stanca…

 

 

Quarto giorno

Piove. Come al solito anche oggi piove. Non dispiace, c’è più fresco, ma in questo modo vengono messe da parte tutte una serie di attività che si potrebbero fare fuori.

In compenso si trova un po’ più di tempo per riposare… forse. Marco, Emanuele e Marco stanno dando una mano di colore al portone di ferro. Angela insegna delle cose in italiano a Agiré e a suo fratello Houssein. Don Leo e Salvatore hanno tagliato ancora della legna: si fanno i muscoli.

Io invece ho accompagnato sorella Teresina a fare un po’ di spesa: ho dimenticato la macchina fotografica, così non ho potuto riprendere ne il macellaio ne il fruttivendolo.

Devo recuperare, prima o poi scatterò tutte le foto che non ho fatto precedentemente.

 

Dimmi un po’… ma a te in fondo che cosa manca per essere felice?

Cosa ti manca per raggiungere uno stato discreto di serenità interiore?

Quali passi pensi di dover compiere per raggiungere questo equilibrio interiore?

Se è davvero equilibrio quello che vuoi raggiungere. Forse si tratta di uno stato apparente di calma: apparente perché non può che essere tale. Tutto tace, non si muove niente sulla superficie di un mare esageratamente calmo. In superficie. Ma sotto non è così. È un continuo ribollire di correnti calde e fredde che si inseguono, si intrecciano tra loro come mani che si stringono dopo essersi cercate… già. Poi ti svegli e fai un respiro, un profondo respiro. O forse è un sospiro pesante? No, è un respiro per dire a te stesso di prendere le tue maniche e rimboccarle, perché giunge sempre, devi sempre aspettarlo, il momento in cui tu in prima persona devi sbracciarti e cominciare a lavorare. Per te stesso? Non solo, ma se lavori per te stesso lo fai anche per gli altri. Lavorare: facile parola da usare per riempire le nostre giornate, cancellando dalla nostra mente altre preoccupazioni che sono invece bocconi amari, pesanti macigni, troppo, da mandare giù…

Qual è il nostro futuro? Forse questo è facilmente determinabile… ma quello dei bambini che abbiamo incontrato oggi nel villaggio di …..  quale sarà il loro futuro? Come non si può disperarsi dal di dentro per poi trovare la forza di cambiare quanto c’è fuori di noi?

È stato bello vedere, incontrare queste famiglie, mi domando solo cosa ci sarà dopo questo incontro. Come cambierà il mio modo di essere uomo e il mio modo di vivere il seminario andando incontro ad una vita di donazione sacerdotale?

Come sarà possibile impostare la propria vita pensando che c’è un Dio che per quanto buono e misericordioso ci chiederà conto di quanto non abbiamo fatto al più piccolo dei nostri fratelli?

 

Quinto giorno

La stanchezza si fa sentire. Quando meno te l’aspetti si presenta sotto varie forme. È una tentazione. Credo sia anche un’opera diabolica. L’intento finale è quello di separare l’uomo dagli altri esseri umani.

Arriva poco alla volta, poi si manifesta nel suo massimo splendore. E si crolla davanti al nemico che noi stessi proiettiamo altri: noi siamo il miglior nemico ed il peggiore amico che si possa avere. Al contempo abbiamo ruoli diametralmente opposti che coincidono con la naturale essenza delle nostre vite, l’impercettibile, a volte, differenza tra il bene e il male, tra il nostro essere dotati di ragione, senzienti, e l’irragionevolezza che computa in se le colpe antiche, lungi dal perdono e dalla misericordia…

Cosa abita il nostro cuore? È davvero la sete di Dio? È un puro anelito divino che sentiamo abitare in noi stessi la chiave della nostra esistenza? È la felicità pensata, desiderata, realizzata nei nostri incontri quotidiani, nei nostri progetti, nelle nostre riuscite? O è la tristezza che si cela dietro le sconfitte odierne e passate, in quello che definiamo poi un assurdo inseguirsi di giorni?

Cosa abbiamo realmente di nostro? Per cosa, per quale oggetto del contendere, possiamo dire “è mio” definendo in questo modo la totalità del nostro appartenere ad altro che è diverso da me, in modo univoco e determinato? È un semplice oggetto? O è forse un rimando ad una realtà trascendente la nostra, una realtà che va oltre le nostre umili conoscenze, che giganteggia ma non tiranneggia le azioni che compiano nel susseguirsi delle vicende?

E ora che fai? Ti fermi, mani tra la testa, ti fermi a pensare.

Hai pensato troppo poco, molto poco in questi anni: la riflessione deve essere avviata su un oggetto, una splendida perla per la quale vale la pena vendere tutto per averla. E domandati allora cosa sei disposto a vendere per… per fare cosa? Appagarti ad un desiderio umano? O desiderare che la vita di Dio sia manifestata nella tua vita con la sua Parola viva e sempre presente?

Ho Dio, ho tutto. Ho tutto perché nel momento in cui penso di avere Dio, mi rendo conto di aver sete di Dio. È una sete reale.

È una sete reale?

È la sete di un uomo assetato, di un uomo che non trova ancora una fonte di vita eterna, una fonte dalla quale zampilla acqua…

 

Fango… ho sprofondato i miei piedi nel fango, ho camminato sotto un cielo privo del sole, ho camminato per alcuni chilometri prima di arrivare ad un villaggio posto tra le montagne, laddove la vita sembra essersi fermata ad anni e anni fa. È quella la vita che devono vivere i bambini, coloro che domani saranno chiamati ad abitare la terra? Le loro condizioni sono poste al limite dell’umano.

C’è da chiedersi quali siano le condizioni di vita definibili come umane.

Non credo esistano, credo più semplicemente che ci siano mondi diversi che dovrebbero convergere in un unico nuovo mondo…

 

E ancora una volta l’antico nemico prende il sopravvento, la stanchezze si chiama sonno…

 

Sesto giorno

Mi domando dove potrei andare lontano da te… sei ovunque, devo arrendermi all’evidenza. Ci sei. E non posso fare a meno di sentire la tua presenza. Negli occhi del mondo che vive lontano da te. Nel cuore del mondo che vive in te. Tra le mani che tocco, quelle che curano ferite superficiali, quelle che aggiustano cose, situazioni, operano il tuo bene. Operano il bene con la semplicità di chi ama e respira nel respiro del tuo Amore.

E incontro te negli occhi di chi ha una luce diversa dalla mia. Lontano da te non so stare perché tu sei vicino a me. Incredibilmente vicino, insolitamente presente. Per quanto possa fuggire da te alla fine ti incontro, una volta poi una volta ancora… sei sempre con me. E non posso stare senza di te.

E sento il bisogno di essere amato da Te, un bisogno da esprimere nell’incontro dell’altro. Vivere in Te, amare Te, solo con l’aiuto dell’altro.

Dove sei?

Dove ti incontrerò ancora?

Sarai presso le rive di un lago, tra vecchi pescatori, lungo strade fatte di piccole conchiglie, battute ora dal vento, ora bagnate dalla pioggia e dall’acqua che rumoreggia tra le valli silenziose di montagne verdi.

Sei nel lampo che precede il tuono, sei nel tuono che segue il lampo.

Sei.

Negli innamorati che ti amano, che amano. Negli occhi chiari fatti di voglia di amare. Sei tra le righe di storie che ancora devono essere scritte.

Sei.

Ti trovo in strade bagnate dalla pioggia, tra vicoli e palazzi di una incerta e vecchia architettura. Sei tra i venditori di pannocchie arrosto… o sei dentro la maestosa imponenza di una cattedrale ortodossa, dietro un velo fatto da icone costruite da mani d’uomo.

Dove sei o Signore?

Sei ovunque.

È ancora la paura che muove le mie azioni, il mio non voler prendere tutto e vendere tutto, il mio non voler andare alla ricerca di una perla preziosa, il mio sentirmi vuoto e solo senza di Te. O forse è solo la tristezza umana della mia esistenza? È una tragedia che vivo nel mio quotidiano, nel mio continuo divenire, nella mia solitaria apparizione tra le scene del mondo.

 

Io non capisco, continuo a non capire, sono aspetti di me che dovrei migliorare, punti sui quali lavorare, ma quanto tempo ancora?

La mia paura è quella di non dovercela fare, quella di separarmi da te, di respingere Te che invece desideri me, brami me, sei geloso di me.

La tua Sapienza Signore mi accompagni nelle scelte della vita, nei giorni freddi dei bianchi inverni che vedrò, nei giorni caldi delle torride estati che verranno.

Attirami a Te, perché possa aiutare gli altri uomini ad arrivare a Te.

Illumina me perché possa illuminare. Luce dalla Luce: fai di me fiamma che illumina il deserto. Quello mio, quello degli altri.

Apri il mio cuore, scaldalo con la tua Luce!

Irradia con la tua luce coloro che in te sperano, donami la speranza di avere Te nei miei ultimi giorni, di vedere Te su di me, come un cielo stellato in una strana notte d’estate. Tra quelle stelle cadenti la luce tua illumina l’oscurità dei miei passi, sicuri si muovono, il mio passo procede spedito.

Chi sei?

Sei più del mio tutto, sei il bene di cui ho veramente bisogno.

Sei…

Sei la stella che al mattino lascia posto al sole.

Sei…

Sei l’amico che vede il mio cammino e sorregge con il suo aiuto i miei passi…

Sei…

Sei in una foto scattata così per gioco che ritrae in bianco e nero due nuovi amici…

Sei…

Il viaggio per Corinto non è fatto per tutti

C’è un viaggio che è per tutti. Non è come il viaggio per Corinto. Un vecchio, anzi no, un antico detto formulava la difficoltà di intraprendere un viaggio avente per destinazione Corinto. L’ho letto in una biografia di san Paolo che sto leggendo per ora. Ma Paolo va lo stesso, dopo alterne vicende, alla fine arriva a Corinto. Invece per tutti gli altri abitanti del tempo, la strada impegnativa scoraggiava i viaggiatori… da qui il detto.

E il viaggio per l’Albania?

Per chi è fatto? È fatto per chi va. E per chi resta? Racconteremo quanto avremo fatto. Al nostro rientro diremo tutto.

Parola dopo parola diremo tutto.

 

Mi spiace solo non aver salutato le persone che avrei voluto salutare.

Di non averle viste neppure. Recupererò facendo qualche telefonata. Si così recupererò.

 

Ma ora è tardi. Il viaggio per l’Albania è fatto per chi domattina si sveglia presto…

Molto presto.

 

È fatto per chi ha già fatto la valigia, ha chiuso la propria valigia.

Il bagaglio dei ricordi, che non vola via, rimane con noi, un bagaglio così personale non potrà che tenerci compagnia. Ed una volta arrivati usciremo tutte le “robbe” che ci sono dentro.

Prendi i vestiti, le scarpe… risistema tutto nella casa nuova che ti accoglierà.

 

E se in una vecchia casa c’è una finestra che non si illumina più vuol dire solo che la lampadina è fulminata, ed all’abitante di quell’appartamento non importa cambiarla.

 

Farò buon viaggio, ne sono certo. Abbraccio tutti. Vicini e lontani, amici e parenti.

Madre, fratello, cognata…. Tutti. Tornerò. Ancora una volta tornerò.

Sarà ancora una volta come ripercorrere i propri passi, per fare strade che non portano sempre dalla stessa parte: portano laddove c’è il cuore di un uomo innamorato del cuore di Dio…

E li restare. In attesa che ci sia un altro viaggio, un’altra meta, con foto da fare e souvenir da comprare… e tornare a casa, ovunque essa sia.

 

La casa, il posto dove posso stare davvero con Te, tra le tue braccia, dentro il Tuo cuore…

Dentro il cuore di Dio Padre che dona la grazia della vita, la gioia della condivisione: la gioia di poter stare insieme ad alcuni miei compagni di seminario ed al vice-rettore per 15 giorni in Albania, per trovare ancora una volta se stessi, donarsi agli altri, come non si è fatto mai prima.

Sentirsi poveri per donare ricchezza agli altri.

Ricchi di Te…

Vacanze a Letojanni 2008

E allora… le foto non le ho fatte, quelle vere, ma ho lasciato che la luce scrivesse ben altre foto dentro di me… sott’acqua vedevo le onde sulla superficie del mare nei loro giochi di forme colori… sembravano ora delle maglie di una rete ora altro…

 

Maglie di una rete.

 

Bella vacanza, davvero, riposante, soleggiata… magari per qualcuno sono stato il fondatore del Buenavista Asocial Club, per altri dell’AssoClero… magari per qualcuno non ho passato abbastanza tempo con lui, avrà pensato che le ho snobbato: perché avrei dovuto? Ho scelto di vivere una vacanza in assoluto riposo… sole, mare, un buon libro, la S. Messa: incontri vissuti e condivisi attorno ad una tavola, una mensa, un banchetto, che almeno come vacanza di fine d’anno dovrebbe essere di ringraziamento…

 

E allora ringrazio tutti quanti, come al solito, li ringrazio di avermi supportato e soprattutto sopportato.

Ringrazio anche il mare e forse anche il condizionatore della stanza che hanno notevolmente favorito lo svilupparsi di una bella otite media all’orecchio destro.

Certo la vacanza senza foto avrà altri modi per farsi ricordare almeno in questi giorni di punture e gocce all’orecchio.

 

Basta. Tempo scaduto.

 

Chi non ha tempo va sempre di fretta.

Chi ha tempo lo usa in fretta. Troppo.

Troppo velocemente per dire a chi ha accanto ti amo, o più semplicemente ti voglio bene.

Nella buona o nella cattiva sorte. Sia che ci siamo scelti gli amici, sia che gli amici siano stati scelti per noi.

Da altri.

 

Da Altro…

Spunti di riflessione estiva…

La prima stanza
 
Sono in banca. C’è caldo. Abbastanza.
Di qui a poco sarà un’ora che aspetto. Io devo parlare con un tizio dell’assistenza clienti. Lunga attesa. Nel frattempo mi godo il fresco. Fuori ci saranno tra i 30 e i 35 gradi.
Aspetto.
Un signore deve sbrigare alcune cose allo sportello. Ce ne è solo uno che funziona. Il tizio allora conta gli sportelli e vede che sono ben 6. Solo uno funziona. E comincia a parlottare. L’impiegato si difende dicendogli che gli altri sono in malattia. Il tizio parlotta ancora.
Passano i minuti. Io aspetto.
Interviene un’altra impiegata: gli consiglia che se deve fare operazioni sia di versamento che di pagamento può farlo usando il terminale presente. Non c’è bisogno di fare la fila e parlare con gli impiegati. Pardon: l’impiegato. Ma lui insiste. Io voglio avere qualcuno davanti, non una cosa ma una persona.
Il tizio ha un borsello. Mio padre usava borselli. Ma questo è differente: ora ha anche la tasca per i telefonini. Nel 1992 non c’era questa esigenza forte
Strano. Io ho scelto questa banca perché così mi permette di fare una serie di operazioni senza l’ausilio degli impiegati. La banca si evolve in una direzione. Il tizio “lagnoso” vorrebbe un servizio differente, con un rapporto umano maggiore. Io sono solo di passaggio. La mia banca è differente.
È importante accumulare tesori lassù…
 
 
La seconda stanza
 
Pulizie.
Basta poco, un paio di forbici, un vicino volenteroso, dei sacchi di spazzatura, dello spago. Poco.
La buona volontà: di più. Molta, tanta, tantissima.
Un’operazione programmata già da tempo. Taglia qui, taglia la. Il giardino ha ora una nuova luce. Oggi ho finalmente ufficialmente finito. Dopo la potatura dell’edera mi è toccata la pulitura delle lastre di travertino del muretto. Annerite dal tempo. Forse semplicemente “grascia”.
Tagliare l’edera per portare luce a tutto il giardino del terrazzo. Piccoli sprazzi luminosi un tempo, ora più ampi. Anche l’arancio e il limone sono stati coinvolti da questa pulizia straordinaria. Taglia qui, taglia la. Raccogli.
Ho raccolto alcuni sacchi di materiale organico. Parecchi. Alcuni rami li ho legati con dello spago.
Cosa fare? Potrebbero essere riutilizzati: mettendoli in una compostiera si ottiene del buon concime organico. Non ho spazio a sufficienza per mettere una compostiera nel giardino. La soluzione rimane quella di buttarli nei contenitori. Aspetto l’orario. Aspetto che siano le 18. Poi sarò autorizzato a metterli via.
 
 
La terza stanza
 
Due giorni dopo il 24.
Un anno e due giorni: è passato un anno dalla mia ammissione agli ordini sacri del diaconato e del presbiterato. La Chiesa che è in Palermo mi ha riconosciuto degno di cotanto ruolo nella vita futura. Anche io mi ritrovo in questo ruolo, giorno dopo giorno acquisisco maggiore consapevolezza.
È forse la consapevolezza di essere cristiani? Una consapevolezza che dovrebbero avere tutti i battezzati nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
Due giorni dopo il 24. Straordinaria consapevolezza di scrivere quanto più di personale possa avere dentro di me. Il mio ultimo intervento è del 20 maggio. Poi il nulla. Non proprio. Gli esami mi hanno portato lontano dallo scrivere i miei pensieri che nel frattempo sono fluiti ugualmente. Lentamente a volte, altre impetuosamente.
24 giugno. L’onomastico di mio padre. Pensiero per mio padre. Niente altro. Fin quando lo penserò so che sarà con me. Consapevolezza. Di non essere mai soli.
 
 
La quarta stanza
 
Sono 4. Li ho contati. Q u a t t r o. Piccoli peluche. Si muovono. Piccoli gattini appena nati.
Passano i giorni. Sono due. Due sono morti. Mamma-gatto mi guarda. Se mi avvicino troppo mi mostra i suoi bei dentini. Piccola tigre.
Passano i giorni: uno. Ne rimane solo uno. Lo tolgo io stavolta. Povero piccolo. Erano in due, si tenevano compagnia quando la gatta andava a procurarsi da mangiare. Ora è solo.
Scendo giù in giardino. Mi avvicino un po’ troppo. Come al solito mi mostra la dentatura: non credo abbia bisogno di un dentista, io si invece, anzi devo accettare l’invito della mia amica dentista. Se mi invita lei per sistemarmi tutti i denti… che fa non vado?
 
 
La quinta stanza
 
La mia bicicletta è in garage. Non la uso già da qualche anno. Con chi uscivo di solito non sono più uscito: per fortuna ha risolto i problemi con il ginocchio, quindi quanto prima tornerò a cavalcare le due ruote. E poi come non farlo quando in una città splendida come la nostra spuntano come funghi le piste ciclabili! Tante, milioni di milioni di piste ciclabili. Belle, bellissime… la città ne è piena.
Aspetto pure il tram. Poi i veicoli elettrici, le centrali solari e eoliche. Sogno le case con un tetto pieno di celle fotovoltaiche. Ognuno che si produce l’energia di cui ha veramente bisogno: quella prodotta in più viene immessa nella rete nazionale. Sogno. Un automobile che fa con un litro di benzina 50 km. Aiutata dai pannelli solari montati sul tetto: non è fantascienza, esiste davvero, forse ci sono ben altre esigenze economiche nel mondo. Sogno che si potrebbe fare a meno di un bel po’ di cose. Togliamo i condizionatori: raffreddiamo i nostri ambienti facendo aumentare la temperatura degli ambienti esterni. E l’entropia aumenta. E per qualcuno Dio è crudele perché ha “inventato” un mondo che è condannato alla morte. L’entropia intanto fa l’unica cosa che sa fare… aumentare…
 
 
La sesta stanza
 
Mi spiace per i morti sui luoghi di lavoro. Persone che escono di casa per portare poi a casa i soldi necessari per il sostentamento della famiglia. Mi è dispiaciuto tantissimo per i sei uomini che sono morti nei pressi di Mineo. Teresa mi è dispiaciuto non esserti accanto: ho pregato tanto per te, per i tuoi familiari, per tuo zio e per i suoi colleghi, per la vostra comunità colpita da un così grave lutto. L’impegno civile e civico va di pari passo con quello del nostro essere cristiani.
Bisogna dare a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio.
Dare la nostra vita a Dio. Offrirla come sacrificio vivente, un’offerta a lui gradita…
 
 
La settima stanza
 
Grazie agli amici. C’è una stanza che per ora non aprirò. Custodisce qualcosa di grande, di veramente grande. Forse qualcuno dei miei amici o amiche possiede già quella chiave. Fin ad ora ho fatto due copie. Ma è meglio lasciarla chiusa. Teniamola chiusa amici cari, chiusa, ma non sigillata… lasciamo entrare dentro almeno l’aria, un soffio, un battito d’ali… il vento dello Spirito che aleggia sui mari in tempesta della nostra esistenza, che placa il caldo notturno… un vento fresco, carico di novità.
Grazie a coloro che mi stanno vicino, a coloro che si scoprono amici veri, sinceri, perché sanno di fondare l’amicizia. Grazie a coloro che mi aiutano nel difficile cammino, nel confronto, nel dialogo, coloro che mi aiutano nell’aiutarli, mi ascoltano, si “servono” di me perché vedono in me un pizzico della tua luce Signore…
 
Alla tua luce vediamo la luce…

 

Dopo la tempesta

Stati d’essere
inattesi dal tempo,
muovono passi, incerti,
ora più veloci…
nuovi sorrisi, sinceri,
aprono ad orizzonti sereni.

Bagnarsi per la pioggia

Sai come cambia il tempo?
Troppe volte ho visto foglie volare
e restare sospese… nel vento?
Fragili, disseccate dal sole,
attimi di vita già consumati,
nuotavano nell’aria in tempesta,
inaspettattamente poi cadute per terra…
Archi di luce riempiono l’orizzonte!

Preghiera per un’amica…

Portami con te, tra le tue preghiere,

tra i discorsi stanchi della sera,

tra pieghe di un cuscino addormentato

tra lenzuola che sanno di casa…

 

E così chiedimi di te, della tua essenza

parlami del tuo volermi bene,

del tuo aspettarmi con pazienza.

 

Sognami nell’intimo ricordo

di un abbraccio mai dato,

di un bacio fraterno…

 

Un giorno lontano ti ho incontrata

nella vita d’estate che volge al declino,

sorella e amica, ora tienimi stretto

come una madre un bambino.

Felicità e dintorni…

Ascende il Signore tra canti di gioia, alleluia, alleluia!

In un frangente di riposo posso ben dire di essermi riposato… però la mia mente è andata ad altro, andava e non l’ho voluta fermare…

Pensavo alla giornata di ieri, a quella di oggi, ancora da finire, ma con splendidi segni di gioia fraterna… E pensavo a mio padre, e ora che ci penso anche ai miei zii… Chissà, sicuramente sarebbero stati felici per me! Ma loro sono già diversamente felici, loro che già godono di visioni a noi esseri umani ancora precluse.

Già, sono felici di me, sono fieri di me… questo posso pensarlo, posso fermamente credere questo, posso anche proiettarmi in quella vita con loro, davanti alla Gioia che non muore, insieme a loro in quella Speranza che non delude, uniti attorno alla sorgente dell’Amore Eterno!

 

E ripenso alla mia famiglia, a mia madre, mio fratello e la sua splendida moglie, tutti i miei parenti, i miei zii, i miei cugini, alle giovani vite che crescono… Penso a tutti i miei amici, quelli che hanno condiviso i momenti belli e quelli brutti, i miei colleghi di lavoro, gli amici che vedono al di là del nostro comune vedere, che sentono al di la del nostro comune sentire…

 

Si loro, tutti i miei cari più cari, quelli rari, quelli veri, quelli che condividono con te la gioia più semplice e la moltiplicano all’infinito…

Quelli che moltiplicano la tua gioia, la fanno propria e la rendono grande, fino a farti scoppiare il cuore di Gioia!

 

A Te… principio del mio niente, compimento del mio tutto!