Sotto gli alberi, seduti su una vecchia panchina e un tavolo, in compagnia del sole, abbiamo ascoltato le nostre parole…

Mi sono accorto che è molto difficile riprendere un discorso lasciato in sospeso molto tempo fa. Non ho scritto nessun intervento fin ad adesso in questo mese di settembre preso come sono dai pensieri degli esami… Difficile quasi come far ripartire un vecchio motore, fermo ormai da anni, magari con degli ingranaggi coperti qua e la di ruggine. Allora si smontano i pezzi si mettono sul banco di lavoro, si cambia quello che si deve cambiare, poi si rimonta il tutto, si incrociano le dita sperando di non aver dimenticato pezzi fuori posto… Poi metti la chiave nel pannello, la giri… e senti la "musica" rombante di un vecchio motore messo a nuovo…
Vale anche nei nostrri rapporti umani, quelli interpersonali, quelli che mettono di fronte un io e un tu.
Si aggiustano prendendo solo coraggio, delle proprie scelte, dei propri errori, mettendo ancora una volta sul banco di lavoro pezzi di se stessi, sinceri.
Gabriel Marcel dirà "io spero in Te per noi"…
Un "io" e un "tu" diventano un noi, un "noi" di fronte a Lui.
Bisogna dire che sperare, così come possiamo presentirlo, è vivere in speranza, al posto di concentrare la nostra attenzione ansiosa sui pochi spiccioli messi in fila davanti a noi, su cui febbrilmente, senza posa, facciamo e rifacciamo il conto, morsi dalla paura di trovarcene frustrati e sguarniti. Più noi ci renderemo tributari dell’avere, più diverremo preda della corrosiva ansietà che ne consegue, tanto più tenderemo a perdere, non dico solamente l’attitudine alla speranza, ma alla stessa fiducia, per quanto indistinta, della sua realtà possibile. Senza dubbio in questo senso è vero che solo degli esseri interamente liberi dalle pastoie del possesso sotto tutte le forme sono in grado di conoscere la divina leggerezza della vita in speranza.
 
«Io spero in te per noi»… In te – per noi: qual è il legame vivente fra questo tu e questo noi che solo il pensiero più insistente riesce a svelare nell’atto della speranza? Non occorre forse rispondere che Tu sei il garante di questa unità che lega me a me stesso, o meglio l’uno all’altro, o ancora gli uni agli altri? Più che un garante che assicurerebbe e confermerebbe dall’esterno un’unità già costituita, Tu sei il cemento stesso che la sostiene. Se è così, disperare di me o disperare di noi, è essenzialmente disperare di Te.
Prendo in prestito due citazione di G. Marcel per dire quello che non ho detto, per scrivere su un blog aperto a tutti quello che non ho mai scritto a te che leggi ora, a te che sai che queste parole sono per te, solo per te… e mi domando però solo se le leggerai!
 
Sperare è allora dare credito alla realtà… te l’ho detto ieri, ricordi?
 
Il Signore Dio Padre Onnipotente ci mette davanti la nostra responsabilità, il nostro essere così umani, umani e partecipi della sua natura divina…
Si Signore, a volte siamo invidiosi perché tu sei buono verso tutti…
E della tua infinità bontà, quando ci tocca da vicino, non ti ringraziamo mai abbastanza.
Solo ora capisco che devo dirti grazie…
 
Grazie Signore!

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