Può capitare che sazi dei nostri giorni quotidiani, vissuti nel loro tornare ciclico, ci si possa dimenticare delle persone che si hanno accanto…
Del resto può anche esserci la possibilità che quanti sono vicini ad un tratto diventino lontani… e noi non facciamo più caso alla loro presenza-assenza.
Ma può anche capitare che coloro che pensiamo vicini e sentiamo vicini ad un tratto prendano strade del tutto “inaspettate”, annunciate da anni, da segni nascosti nelle pieghe del tempo, piccoli semi sparsi qua e la… e finalmente quei semi ora germogliano!
Se si pensa a chi possa essere il seme e chi il Seminatore, noi non possiamo definirci che semplici contadini ai quali è dato in dono una responsabilità maggiore, quella di essere messi a custodia del Creato che è vivo nelle sue molteplici forme di vita.
E se poi qualcuno decidesse di camminare per i fatti suoi? Magari scoprendo di essere chiamato a fare altro? E se sentisse in cuor suo la voglia di mettersi in gioco per annunziare l’Amore del Signore? Che ben venga! Si, non può essere che una gioia immensa! Un altro operaio, senza distinzione di età, sesso, provenienza… vengono in mente le parole degli Atti degli apostoli, quando discende lo Spirito su delle persone che provengono da paesi diversi, lingue popoli e nazioni differenti.
E se la sua strada si aprisse ancora una volta a compagni non del tutto aspettati? Gente "strana" diversa, con punti di vista della vita che sanno di tutto e che rimandano a niente? Magari abitanti di villaggi distanti dalle nostre città, dalle nostre roccaforti della fede… cosa dire loro? vai, stai lontano? Oppure avvicinarsi e lasciarsi avvicinare restando sempre saldi nelle nostre scelte primarie di vita in Cristo e nella Chiesa?
E se la tua strada dopo una meta importante si aprisse ad altro… già dopo un passo importante, quello che per uno studente può essere il diploma o la laurea, per un lavoratore un avanzamento di carriera, così ci sarà dopo? Forse ad un tratto si sentirà che in quella apparente fine di percoro, in quello stadio, si celerà dietro ben altro…
Allora se senti che hai ricevuto un dono non puoi lasciarlo da parte, "usarlo" per te, metterlo dentro una cassaforte e poi nascondere la chiave perché si ha paura che qualcuno te lo rubi: lo prendi e lo metti in comunione con gli altri, lo condividi, lo prendi, lo spezzi, benedici per quello che hai e lo doni… e mandi te stesso e quel dono in ogni parte del mondo, ovunque tu vorrai essere, ovunque Lui ti manderà…
È un augurio, semplice augurio per quanti muovono i primi passi nella loro vita, quanti nati e rinati oggi si aprono alla comprensione di un Mistero che è semplicemente Amore. È la nostra vita che si apre, apre le sue ali e comincia a volare verso cieli sempre più alti.
E se un giorno speciale, che senti speciale per la tua vita, una persona speciale non dovesse esserci?
No, non pensiamo ad eventi tragici della nostra vita, pensiamo alle cose bella della vita… già, e se non dovesse esserci? Si, ma perché non c’è?
Perché magari è chiamata a testimoniare diversamente il suo volerti bene, è chiamata ad esprimerti con la coerenza e la forza del suo essere e sentirsi cristiana, la sua vicinanza con la sua apparente lontananza…
Allora va, va e ora annuncia il Suo Amore, non pensare più a te stesso, ma apri il cuore e va…
Segui la Luce, quella apparentemente lontana, quella che illumina e dona la vita: sarai seme che germoglierà e ancora una volta quell’albero della fede porterà frutti, quei frutti che sanno di Vita Eterna!
Dedicato a chi si sposa il 3 maggio, a chi, per un motivo o per un altro, non ci sarà il 3 maggio, a chi sarà presente il 3 maggio…
a chi, in fondo, volente o nolente è nelle mie preghiere…
Il ministero del lettore
Accanto al ministero del vescovo, del presbitero e del diacono la vita e l’insegnamento della Chiesa hanno sempre visto e ammesso l’esistenza di altri ministeri, appunto i ministeri "non ordinati", che, varianti secondo le epoche e le necessità, abbracciano sia quelli istituiti come pure quelli più numerosi esercitati di fatto. Tutti, anche se in forma diversa partecipano della missione e della grazia del supremo sacerdozio (cfr LG, 41).
Oggi, dopo la riforma del Vaticano II, i ministeri istituiti sono due e fanno riferimento al libro e all’altare: il lettorato e l’accolitato. Essi sono conferiti non solo ai candidati al presbiterato, ma possono essere affidati anche a "quei laici eletti da Dio, i quali sono chiamati dal vescovo, perché si diano più completamente alle opere apostoliche" (ivi), specialmente nel campo dell’annuncio della parola di Dio, della celebrazione liturgico-sacramentale e della testimonianza e del servizio di carità.
Questi ministeri, come già si è avuto occasione di accennare, non nascono dal sacramento dell’Ordine, ma dai sacramenti dell’iniziazione cristiana e "sono ‘istituiti’ dalla Chiesa sulla base dell’attitudine che i fedeli hanno, in forza del battesimo, a farsi carico di compiti e mansioni speciali nella comunità. Costituiscono anche essi una grazia, ossia un dono che lo Spirito Santo concede per il bene della Chiesa; e comportano pure, per quanti li assumono, una grazia, non sacramentale, ma invocata e meritata dall’intercessione e dalla benedizione della Chiesa" (EM, 62).
Il primo dei ministeri istituiti è il lettorato. Esso ha radici molto remote ed il suo esercizio apre prospettive nuove all’impegno di annuncio del vangelo, che la Chiesa del nostro tempo riscopre come prioritario ed essenziale nella sua missione di servizio al mondo.
L’esercizio del ministero del lettorato evidenzia concretamente lo stretto rapporto esistente tra parola di Dio e liturgia.
La celebrazione, infatti, non solo presuppone l’ascolto della parola di Dio, e quindi la fede e la conversione a Cristo "Parola vivente" (cfr SC, 9), ma è il "luogo" privilegiato in cui questa parola risuona oggi, nella Chiesa. Con il rinnovamento conciliare, non c’è azione liturgica – soprattutto sacramentale – che non comporti una "liturgia della Parola" e perciò la proclamazione di una o più letture bibliche. Attraverso questa Parola, proclamata nell’assemblea cristiana, "Dio parla al suo popolo e Cristo annunzia ancora il suo vangelo" (ivi, 33); nella Parola, Cristo risorto si fa realmente presente tra i suoi e dona lo Spirito per la glorificazione del Padre e la loro santificazione e quindi per l’esercizio di quel "culto spirituale" che è proprio dei veri adoratori del Padre (cfr Gv 4,24).
La presenza del Signore nella Parola è sottolineata, nella celebrazione, dagli onori che vengono resi al libro santo e in particolare all’evangeliario. Durante la prima parte della celebrazione eucaristica, esso è posto sull’altare su cui, successivamente, vengono collocati il corpo e il sangue di Cristo. Altri segni di rispetto e di venerazione circondano il libro: una processione accompagna il diacono quando si reca, con esso, all’ambone per la proclamazione o il canto del vangelo; il libro viene inoltre incensato, baciato, ecc. Questo rituale, che potrebbe apparire a qualcuno strano o almeno esagerato nelle forme, è destinato ad esprimere una meravigliosa realtà: attraverso la Parola che si annuncia, si compie nella Chiesa una vera "epifania" del Signore in mezzo a coloro che, da questa stessa Parola, sono convocati per professare e crescere nella fede e celebrare il mistero pasquale di Cristo. "E’ lui dunque – che parla quando nella Chiesa si leggono le Scritture" (SC, 7).
Proprio in forza di questa presenza reale e operante del Risorto, la proclamazione della Parola, nella liturgia, diventa un evento attualizzante la storia della salvezza e perciò avvenimento salvifico. Quando colui che legge fa risuonare tra i fratelli la parola di Dio non racconta una storia del passato, non fa una lezione di scuola, ma annuncia un "mistero" che si realizza qui e oggi per quanti l’ascoltano con attenzione e l’accolgono con fede.
Ciò vuol dire, in concreto, che la liturgia della Parola, in ogni celebrazione sacramentale, non è soltanto un elemento didattico o una "preparazione" a ciò che avviene più tardi, ma entra come costitutivo nell’ atto di culto e quindi partecipa delle finalità di esso: è glorificazione di Dio e sorgente di salvezza e di santità per gli uomini.
Questo dato che appartiene alla fede della Chiesa,. ha delle conseguenze pastorali notevoli. Vale la pena ricordarne almeno due: anzitutto la necessità per la comunità cristiana di recuperare una viva esperienza della presenza del Signore nella sua parola, anche attraverso l’importanza e lo spazio da restituire all’ ascoltoadesione al messaggio che essa reca; e poi l’attenzione che occorre attribuire alla sua proclamazione da parte di coloro che se ne fanno portavoce nell’ assemblea cristiana.
1. Il ministero del lettore nella Tradizione e nell’esperienza della Chiesa
Per tutti questi motivi la Chiesa, fin da principio, ha dato grande rilievo a coloro che, durante la celebrazione, esercitano il ministero della parola.
Nel II secolo, Giustino afferma che alla domenica, essendo i cristiani riuniti per celebrare il memoriale del Signore, "si fa la lettura delle memorie degli apostoli e degli scritti dei profeti sin che il tempo lo permette. Quando il lettore ha terminato, colui che presiede tiene un discorso per ammonire ed esortare all’imitazione di questi buoni esempi" (1 Apologia, 67).
La Chiesa primitiva non ha fatto altro che ricalcare l’uso vigente nelle riunioni che si tenevano, nelle sinagoghe, ancora ai tempi di Gesù (cfr Lc 4,16-22).
Fin da principio vi furono dunque, nella comunità cristiana, dei lettori – quali ministri della Parola distinti dal presidente – come ve n’erano stati nella sinagoga. Sorto a principio come un "ministero di fatto", richiesto dalle circostanze, ben presto il servizio di colui che proclama le Sacre Scritture è diventato un ministero stabile, inaugurato con un’apposita benedizione del vescovo. Ippolito romano, nella sua nota Tradizione apostolica considera il lettorato una funzione permanente; egli afferma infatti: "Il lettore è costituito dal fatto che il vescovo gli consegna il libro, poiché egli non è ordinato" (cap. 12). Un’ordinazione vera e propria sembra invece essere praticata a Cartagine ai tempi di San Cipriano (Ep. 29). A Roma, papa Cornelio, a metà del III secolo, elencando i gradi della gerarchia, nomina anche i lettori (Ep. ad Fabium riportata da Eusebio di Cesarea in Hist. ecc!. VI, 33). Qui essi ricevevano una speciale "ordinazione", che ci è nota dagli antichi libri liturgici che si fanno risalire a San Gregorio magno (sec. VII-VIII), ma che probabilmente riferiscono tradizioni anche più antiche. Destinatari del rito sono in genere gli adolescenti. L’Ordo romanus 35 afferma che, se un padre di famiglia destina uno dei suoi figli al lettorato, comincia col dargli l’istruzione sufficiente, poi lo propone al papa per l’ordinazione. Il Sommo Pontefice fissa un giorno perché il candidato faccia la lettura in pubblico nelle vigilie notturne, affinché si possano valutare le sue capacità. Se il giudizio è positivo, il papa benedice il fanciullo e con un apposito rito, al quale partecipa la comunità, lo costituisce lettore (cit. da A. G. Martimort in La Chiesa in preghiera, Desclée 1963, p. 638).
Per il compimento del loro ufficio i lettori spesso conoscevano a memoria tutta la Bibbia, erano custodi dei libri sacri e degli archivi in cui erano conservati; spesso erano gli scrittori del vescovo e insegnavano ai catecumeni. "I lettori possono essere (considerati) pastori, perché nutrono il popolo che ascolta": è il loro più alto elogio, formulato dall’ Ambrosiaste (cit. da A. Quacquarelli, Retorica e liturgia antenicena, Roma 1960, pp. 52-57).
Col procedere del tempo però molte delle funzioni del lettore furono attribuite o assorbite da altri ministri della celebrazione; ad esempio il vangelo, dapprima proclamato anche dal lettore, viene riservato al presbitero e al diacono, mentre le altre letture sono fatte dal suddiacono. Quando, a partire dall’alto medioevo, la celebrazione della Messa cosiddetta "privata" si generalizza, il sacerdote celebrante assomma tutte le funzioni e "recita" tutte le parti, comprese le letture. Il lettore rimane come una funzione nominale e un "grado inferiore" della gerarchia, riservato ai candidati al presbiterato e conferito come una tappa per accedere al sacerdozio ministeriale.
Tale prassi si è mantenuta fino al 15 agosto 1972, quando cioè Paolo VI con il motu proprio Ministeria Quaedam ha riformato la prassi relativa agli ordini minori, secondo i criteri generali fissati dalla Costituzione liturgica e per venire incontro ad un voto manifestato dai Padri durante il Concilio.
Il lettorato viene così a configurarsi come un "ministero" permanente che può essere conferito anche a fedeli laici in un’apposita celebrazione ecclesiale che li "istituisce" al servizio della parola di Dio.
2. I compiti del lettore
I compiti del lettore sono precisati nello stesso m. p. Ministena Quaedam in questi termini: "Il lettore è costituito per l’ufficio, a lui proprio, di leggere la parola di Dio nell’assemblea liturgica. Pertanto, nella Messa e nelle altre azioni sacre proclami dalla Sacra Scrittura le letture (ma non il vangelo); in mancanza del salmista, legga il salmo interlezionale; quando non è disponibile il diacono o il cantore, proponga le intenzioni della preghiera universale (o preghiera dei fedeli); diriga il canto e guidi la partecipazione dei fedeli; istruisca i fedeli a ricevere degnamente i sacramenti.
Egli potrà anche – se necessario – curare la preparazione degli altri fedeli, i quali abbiano ricevuto temporaneamente l’incarico di leggere la Sacra Scrittura nelle azioni liturgiche" (n. V).
Com’è facile costatare, si tratta di funzioni che si svolgono prevalentemente nell’ambito della celebrazione.
I vescovi italiani, nel loro documento di applicazione al m. p. Ministeria Quaedam dal titolo I ministeri nella Chiesa, approvato dalla X Assemblea generale, allargano notevolmente il campo di servizio del ministero del lettore, includendovi anche altre forme di annuncio, fuori del contesto liturgico. "L’ufficio liturgico del lettore – essi affermano – è la proclamazione delle letture nell’ assemblea liturgica. Di conseguenza il lettore deve curare la preparazione dei fedeli alla comprensione della parola di Dio ed educare nella fede i fanciulli e gli adulti. Ministero perciò di annunciatore, di catechista, di educatore alla vita sacramentale, di evangelizzatore a chi non conosce o misconosce il vangelo" (n. 7).
Il vescovo, nella celebrazione in cui conferisce questo ministero, consegna al lettore il libro santo dicendogli: "Ricevi il libro della Sacra Scrittura e trasmetti fedelmente la parola di Dio, perché prenda forza e vigore nel cuore degli uomini.".
"E’ un ministero, come si vede, da attribuire soprattutto a quanti vogliono impegnarsi oltre che nelle celebrazioni liturgiche, nell’ organizzazione evangelizzatrice e catechistica, rendendo così autentico e coerente il loro servizio liturgico" (CEI, EM,64).
Volendo quindi esplicitare, in forma più organica, i compiti del lettore, si possono così delineare gli "spazi" d’intervento ministeriale di esso.
– Anzitutto la proclamazione della parola di Dio nell’assemblea liturgica. E’ questa la funzione originaria e originale del lettore, che esige particolari capacità e accorgimenti anche tecnici, ma soprattutto la consapevolezza gioiosa di essere il porta parola, il "profeta" di cui Dio si serve per suscitare, risvegliare e far vibrare la fede di quanti ascoltano. Egli dovrà perciò avere una solida formazione biblica che gli consenta – specialmente quando è necessario – di situare la lettura (ad es. con un’apposita didascalia), nel contesto generale della Bibbia e nello spirito del tempo liturgico. In alcune situazioni particolari – specialmente là dove mancano il sacerdote e il diacono – il lettore potrà presiedere particolari "celebrazioni della parola di Dio" e dare così pienezza di significato al ministero che egli è chiamato a compiere in seno alla comunità cristiana.
– Il lettore però è costituito anche per svolgere un compito specifico fuori del contesto cultuale, assumendosi il servizio di catechista e di educatore nella fede sia dei fanciulli come degli adulti.
Nella Chiesa del nostro tempo si evidenzia sempre più chiaramente la necessità di avere dei laici che si facciano direttamente carico e sostengano con impegno le numerose iniziative che sorgono qua e là, intorno alla parola di Dio: comunità di ascolto, gruppi del vangelo, ecc., sia all’interno della comunità parrocchiale come pure in ambienti di vita e di lavoro. Il lettore dovrebbe essere quindi il promotore e l’animatore di queste e di altre iniziative analoghe, rivolte all’annuncio o all’approfondimento della parola di Dio.
Per questi compiti affidatigli dalla Chiesa, il lettore dovrà avere una sua propria fisionomia spirituale e apostolica: dovrà cioè essere un testimone, un insegnante, un educatore; ben preparato, idoneo a orientare, formare e guidare i catechisti più giovani o comunque coloro che di fatto esercitano nella comunità il servizio della catechesi, a coordinare la loro attività, ecc. Per questo però egli dovrà tenersi in stretto collegamento e in piena comunione con i pastori, ai quali compete primariamente e in pienezza il dovere di educare i fratelli nella fede.
3. Doti richieste al lettore
Il m.p. Ministeria Quaedam afferma: "Per adempiere… con maggior esattezza e capacità questi compiti, procuri di meditare assiduamente la Sacra Scrittura. Il lettore, consapevole dell’ufficio ricevuto, si sforzi con ogni mezzo e si valga di sussidi adatti per acquistare ogni giorno più pienamente il soave e vivo amore e una conoscenza della Sacra Scrittura per divenire un più perfetto discepolo del Signore" (n. V).
Da parte sua il vescovo, conferendo ai candidati questo ministero, dà loro queste raccomandazioni: "Nel compiere il vostro ufficio, sappiate, in piena docilità allo Spirito Santo, accogliere in voi stessi quella divina parola che annunziate agli altri: meditatela con assiduo fervore per acquistarne ogni giorno una conoscenza più viva e penetrante, e con la vostra vita rendete testimonianza a Cristo Gesù, nostro Salvatore".
Una considerazione attenta alle funzioni che il lettore istituito è chiamato a compiere, anche come catechista ed educatore nella fede, porta a concludere che gli è necessaria una formazione solida e continuata, non solo biblica e spirituale, ma anche nelle scienze umane che sono più strettamente collegate al suo impegno di evangelizzatore.
Egli dovrà ad esempio, conoscere bene alcune regole essenziali per una corretta dizione e diventare uno specialista nella comunicazione, un uomo capace di accostamento personale, di dialogo, di una leadership all’interno di un gruppo… E’ noto, infatti, quale peso abbia, nella trasmissione del messaggio, la mediazione delle capacità umane e delle doti naturali.
"Il catechista – afferma il documento per il Rinnovamento della Catechesi – deve essere un acuto conoscitore della persona umana, dei suoi spirituali processi. Assecondando le intenzioni di Dio e seguendo le vie dello Spirito Santo, egli sa raggiungere i fedeli nelle concrete situazioni e a loro si accompagna giorno per giorno, lungo un itinerario sempre singolare. Il suo metodo diventa servizio fraterno, in una ricchezza di insegnamenti, di proposte e di suggestioni che adattano le facoltà spirituali del cristiano, per meglio abili tarlo all’atto di fede" (n. 168).
Conclusione
I ministeri del lettorato e dell’accolitato, anche se profondamente radicati nell’esperienza più antica della Chiesa, acquistano oggi dimensioni e prospettive nuove in una comunità ecclesiale chiamata ad essere "serva" del Signore e degli uomini.
Il loro corretto e fedele esercizio "suppone, pertanto, sempre una vita di comunità molto dinamica: una Chiesa raccolta attorno alla parola di Dio e all’Eucaristia, con la costante e viva tensione che la Parola cresca, e si moltiplichi il numero dei discepoli (At 6,7) media il ministero dell’evangelo; e gli uomini raggiunti dall’ evangelo possano offrire se stessi come sacrificio vivo, santo, gradito a Dio." (CEI, EM, 12).
Anche se si integrano a vicenda, questi due ministeri sono distinti: il lettorato fa direttamente riferimento all’annuncio della parola di Dio, mentre l’accolitato è più specificamente orientato alla celebrazione liturgico – sacramentale e all’impegno di carità e di promozione umana.
Ciò spiega, tra l’altro, l’inopportunità che vengano conferiti insieme alla stessa persona. La Chiesa è comunità ministeriale, nella quale lo stesso Spirito conferisce ai fedeli doni diversi per ministeri diversificati; non è opportuno quindi che una stessa persona assommi compiti distinti, anche perché ognuno di essi richiede doti umane particolari che non sempre sono simultaneamente presenti nello stesso individuo, e poi anche perché si ricadrebbe, in questo modo, in una nuova forma di "monopolio" del ministero che non è certo rispettosa di una corretta ecclesiologia e che si risolverebbe a svantaggio di una pastorale articolata.
Tutt’e due questi ministeri sono però espressione di carità ecclesiale e sono finalizzati all’edificazione dell’unico Corpo di Cristo.
C’è un limite in essi che non può essere sottaciuto, quello di aver riservato questi ministeri – in base ad un’antica tradizione della Chiesa – ai soli uomini. Sono molti, anche tra i pastori, specialmente in certi paesi del terzo mondo, che auspicano la modifica di questa normativa che si rivela per molti aspetti superata.
Un passo avanti è già stato fatto. Molti dei compiti dell’accolito, ad esempio, sono stati attribuiti ai "ministri straordinari della Comunione", istituiti da Paolo VI con l’Istruzione Immensae caritatis del 29 gennaio 1973. Un ministero, questo, che può essere conferito anche a donne, siano esse religiose o laiche.