Quando piange il coccodrillo

È una stanza calda la mia, non molto grande, oltre al grande termosifone, passano i tubi che portano l’acqua calda nel resto dell’impianto. Fa molto caldo. E non è solo una mia impressione. Impressione forse potrebbe essere altra cosa… cosa? Impressione è quella che ho percepito fortemente la settimana scorsa, un venerdì mattina di pioggia torrenziale, come ormai ci stiamo abituando dalle nostre parti. Impressione data dalla nostra esitazione nel dare soccorso ad una coppia di anziani fermi in una strada in salita. La pioggia scendeva, loro fermi, fuori dall’abitacolo cercavano soccorso. Esitazione, la nostra. Credetemi, tanta. Ci siamo fermati a pensare cosa dovevamo fare, proseguire la nostra strada per arrivare in orario in facoltà oppure fermarci e fare qualcosa. Fare qualcosa era la cosa migliore da fare. E l’abbiamo fatta! Cosa importava se ci bagnavamo? L’importante era alla fine compiere la nostra buona azione quotidiana. Come se bastasse farne solo una…

Poi per il resto in lungo e in largo nella nostra vita andiamo alla ricerca di Dio… a volte lo troviamo laddove pensiamo possa essere, forse lo confondiamo con altro… altre volte sfugge alla nostra “attenta” ricerca.

Cercarlo laddove pensiamo sia, non vederlo dove è realmente presente.

Spuntano le lacrime: di penitenza e pentimento. Esiste una preghiera attribuita a S. Giovanni Crisostomo, una preghiera che il cristiano ortodosso, quando si corica, chiede il dono delle lacrime: “Signore, concedimi lacrime, il pensiero della morte e la commozione del cuore”.

 

Spero che le lacrime da noi versate non siano quelle di coccodrillo…

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