Prima parte.

Per quanto insistessi, domande su domande, la risposta che ottenevo era sempre la stessa.. “non lo conosco, non so chi sia, non l’ho mai visto…”. Data la risposta così eloquente non potevo fare a meno di chiedermi se il tizio che era seduto li, di fronte a me, fosse messo al corrente di quello che avrebbe dovuto sapere e che forse non sapeva. Forse.
Mi chiedevo, mentre lo osservavo, se un uomo occupante una posizione come la sua, come mai non sapesse determinati argomenti della sua società, in particolare i rapporti con il Signor Tal dei Tali.
Era possibile questo?
Era possibile che per ogni domanda che gli veniva rivolta, da me o dal mio assistente, la risposta fosse sempre quella? Quella stretta sequenza di “non…”, sempre uguale…
Procedevamo sempre allo stesso modo io e il Signor F, io facevo quello buono, lui il cattivo… prima parlavo io, cercavo di catturare la benevolenza del malcapitato, mettendolo a suo agio, dando tempo al tempo. F, invece, stava li per i fatti suoi. Osservava. Non apriva bocca fin quando non gli facevo un gesto; d’altra parte era un bene che non aprisse bocca, il suo linguaggio stentato lo faceva apparire quasi come un troglodita, ma posso assicurare che la sua bontà d’animo era superiore allo sviluppo medio di ogni altro essere umano. E guardare F silenzioso, metteva paura. Ed era un bene che fosse sempre con me nella stanza quadrata.
Chi capitava con noi due non aveva scampo… o con le buone o con le cattive, prima o poi parlava.
Io odiavo il poi, preferivo il prima: si aveva modo di tornare presto a casa, tempo in più per sbrigare mille altre faccende, domestiche e non. I Capi erano d’accordo: eravamo pagati solo per un “colloquio” al giorno, 8 ore al giorno, niente sconti sull’orario, gli straordinari erano visti come mancanza di efficienza, quasi inettitudine, quasi che gli 8 anni vissuti alla scuola di formazione, per poi uscirne come primi allievi, fossero del tutto “persi”. Bastava ritrovarli però guardando F, lui non era tra i primi degli allievi, eppure occupava un posto ambito da molti, ma lo occupava da prima della Riforma Settembrina.
Il Signor Tal dei Tali stava ancora li, fermo, seduto comodamente su una sedia di emergenza, un vecchio tronco recuperato dall’ufficio accanto. La sedia precedente era messa in un angolo, rotta, spezzata in due, non era bella da vedere, non credo facesse un bell’effetto su chi la vedesse, di certo non aiutava a raccogliere interiormente. Dava un piccolo senso di paura, terrore. Potevano pensare che fosse toccato a qualcuno averla rotta sulla testa. Ma era stato solo un incidente, soltanto un incidente. La tenevamo li… rientrava nel piano che io ed F avevamo elaborato per far parlare i nostri “amici” che non volevano parlare. E alla fine parlavano. Tutti.
Fermo, seduto, grondava sudore. La sua fronte spaziosa sembrava un piccolo lago. O forse uno stagno.

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